Il calcio, in particolare il fenomeno del tifo, non è stato ignorato dalla sociologia. Sussistono varie teorie sulla natura in particolare del tifo violento, teorie che possono essere ricondotte a due grandi filoni.
Da un lato, c’è chi vede in questo fenomeno una forma di sublimazione e trasposizione negli stadi di una violenza sociale latente che trova nel tifo calcistico il suo naturale sfogo. Quindi, si tratterebbe, in qualche misura, di un fenomeno fisiologico. Se non addirittura positivo, perché capace di tramutare la possibile violenza politica in violenza localizzata e neutralizzata, per dirla in sociologhese. Tradotto: meglio negli stadi che nelle piazze.
Dall’altro, c’è chi scorge nel tifo violento delle forme di aggregazione sociale come altre, capaci di fornire un’identità collettiva a chi altrimenti non ne avrebbe una. La violenza, in questo caso, sarebbe come un grido di allarme, dinanzi a una società ( e soprattutto una politica), spesso incapace di ascoltare e rispondere. Detto in altri termini, il tifo violento, come nuova questione sociale.
C’è però anche una terza teoria, condivisa da scrive, che vede nel tifo violento, una risposta negativa ai processi di modernizzazione sociale e calcistica. Ci spieghiamo con un esempio.
Ci si è scandalizzati per il saluto romano di un collaboratore della Lazio: l’addestratore della famosa aquila-simbolo, che scende in campo, con il volatile, prima di ogni partita. Al grido “Duce-Duce-Duce” di alcuni tifosi l’addestratore, in divisa calcistica, con i colori della Lazio, ha risposto con il braccio teso. La scena è buffa, perché si tratta di un uomo non più giovane, non proprio dal fisico scultoreo e praticamente in mutande.
Il calcio italiano,quando l’impianto economico-culturale delle società era di tipo patriarcale, grosso modo fino agli anni Settanta-Ottanta del Novecento, non conosceva il fenomeno del tifo violento identitario. Fenomeno, che invece è sorto e si sviluppato con la modernizzazione societaria: dalla quotazione in borsa, al mercato dei gadget, fino alla liberalizzazione professionistica degli atleti nel contesto di un calcio mondializzato.
La risposta dei tifosi, soprattutto nelle fasce giovanili con minori competenze culturali e spesso socialmente deprivate, si è risolta nella rivalutazione degli antichi valori, legati a un calcio patriarcale, ovviamente mitizzato, pre-rivoluzione societaria anni Ottanta: rivoluzione incarnata dal “nuovo calcio” borghese e consumista, lanciato da Berlusconi, presidente del Milan.
I valori arcaici degli "ultras" sono sufficientemente noti: giocatori-bandiera, sudore e sangue, onore e fedeltà, autarchia dello spazio-città contro lo spazio-mondo. Valori frutto di una reinvenzione e suddivisione della storia della società calcistica di appartenenza tra un prima (mitico) e un dopo (sordido), e così via.
Era perciò inevitabile che una tifoseria nostalgica di un calcio patriarcale, premodernizzazione entrasse in perfetta sintonia con un’ideologia, altrettanto patriarcale e autarchica, come quella fascista. Il che spiega il saluto romano dell’addestratore e il “Duce-Duce-Duce” dei tifosi. Come pure i ricorrenti episodi di violenza squadristica tra tifoserie opposte.
Come gli operai “luddisti” che distruggevano le macchine diaboliche, come i proprietari e i contadini premoderni che non capivano l’importanza della agricoltura intensiva rispetto al latifondo, così i tifosi violenti non comprendono (o non vogliono comprendere), alla stregua dei fascisti, la modernizzazione politica, il liberalismo, il mercato, l’avvento della società per azioni, il professionismo dei giocatori.
Quanto più la modernizzazione continuerà a cambiare il calcio, tanto più le resistenze nostalgiche si faranno sentire. Qui, ovviamente, la domanda è: fino a quando perdureranno negli stadi i saluti fascisti e i richiami a un calcio identitario (reinventato, e mai esistito come ogni tradizione mitica)?
Diciamo che è difficile rispondere. Perché, come spesso ripetiamo, gli uomini, soprattutto se giovani, al capire preferiscono il credere.
Infatti, cosa rispondono molti tifosi di calcio, persino tra i più innocui, se intervistati? Che la Lazio, la Roma, l’Inter, la Juventus e giù giù fino al Barletta, sono una fede.
Figurarsi perciò i cosiddetti ultras...
Carlo Gambescia
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