venerdì 4 ottobre 2019

Il viaggio di  Mike  Pompeo in Italia
È arrivato l’ambasciatore…



Qualcuno dovrebbe spiegare a Trump che oggi  la politica internazionale è questione complessa,  soprattutto dopo la svolta multilaterale del 1945.
Esiste un  volontà transnazionale, uscita vincente dalla guerra,  ormai incarnatasi in precise istituzioni, tesa a dare sempre più  spazio alle alleanze politiche e  al libero mercato nell’ambito però di istituzioni internazionali accreditate, dove si dialoga invece di spararsi.  Certo, sempre dentro i margini di una politica realista e basata, in ultima istanza sui rapporti di forza. Però, ecco, tra l’unilateralismo di Hitler e Mussolini  e il multilateralismo post-Seconda guerra mondiale,  pur nel quadro dei grandi blocchi geopolitici, esiste una notevole differenza.
Trump invece crede, di poter tornare all’unilateralismo, che è sinonimo di isolazionismo in politica  e protezionismo in economia, in  un mondo multilaterale e altamente istituzionalizzato (Onu, Ue, Fmi, Wto, eccetera, eccetera). Pertanto Trump sembra preferire la politica degli ambasciatori, con mandato diretto, e non importa se Segretari di Stato come Pompeo.  Trump crede di vivere, per usare una parola dotta,  nel mondo vestfaliano (dai trattati di Vestfalia, 1648), durato almeno fino a Hitler (compreso),  regno dell’unilateralismo. Ma soprattutto del ferro e del fuoco. Cosa che probabilmente Trump, che non va oltre gli aspetti volgarmente  commerciali e  personali delle questioni, ignora del tutto.   

Il che spiega il viaggio a comando  di  Pompeo in Europa, con tappe in Italia, Grecia, Macedonia del Nord, Polonia.   Qual è il senso geopolitico della missione? Questo: “Se ci aiuterete in funzione antirussa  e anticinese  noi saremo indulgenti con voi, solo con voi”. Ad esempio, per l’Italia, sui dazi e  sulla Libia…
A monte della missione  di Pompeo  non scorgiamo però  gli Stati Uniti, in quando tali, ma  la  vacillante Presidenza  Trump,  decisa a scaricare Putin, ex quasi  alleato,  fattosi troppo  giudizialmente pericoloso,  e tesa  a indicare nella Cina e nell’Iran i due  capri  espiatori, sempre secondo Trump, dei problemi politici ed economici del suo elettorato  pronto a  bersi di  tutto. Al quale egli  liscia il pelo nazionalista  e razzista, non volendo ( perché se volesse potrebbe…) offrire altro. Trump  prende in giro i bruti che lo votano,  come fa  Salvini in Italia, alla stregua degli  altri  leader  sovranisti sparsi  nel mondo.

In Italia, il governo  giallorosso è rimasto interdetto. La componente rossa, per ora tace, quella  gialla, attraverso Di Maio si è espressa come Badoglio su un un’Italia che non vuole guerre economiche, ma  pronta  a reagire ad eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza. Anche Conte e Salvini sono in imbarazzo.  Il primo, che  sembra  godere della stima (pare anche amicizia) di Trump, resta però  di nazionalità italiana.   E quindi, deve pesare le parole. Il secondo, invece  guarda decisamente  a Mosca. Almeno così pare.
Qual è il succo del nostro discorso?  Che l’ “ambasciatore”  politico di tipo vestfaliano  ha un che di ridicolo e offensivo, perché  l’Italia non è la Macedonia del Nord  e vive  all’interno di un sistema geopolitico e geoecomico complesso, multilaterale, come dicevamo all’inizio,  che non può essere annullato dagli interessi dinastici di Trump. 
Ovviamente, se l’Europa possedesse  una sua struttura governativa forte, con tanto di Ministro degli Esteri vero,  Pompeo visiterebbe l’Italia solo per motivi turistici.   Ma così non è. 

Carlo Gambescia