sabato 5 ottobre 2019

La sinistra è antipatica?
Sì, ma pure la destra…



Ieri si  è discusso sulla pagina  Fb di Carlo Pompei  a proposito di un post scritto da Piero Visani  sull' alterco televisivo fra Lilli Gruber e Giorgia Meloni (*).
Visani giustamente  ha segnalato  la scortesia della Gruber  che ha liquidato,  definendole sciocchezze,  le affermazioni di persona ospite, la Meloni. 
Ora, che la sinistra   intellettuale -  scrittori, professori,  giornalisti -   se la tiri, come si dice,  è un dato di fatto. Esiste un ottimo libro  di Ricolfi,  dove il "complesso" di superiorità della sinistra viene collegato al senso di soddisfazione di essere dalla parte giusta della storia   

Però, a dire il vero,  anche la destra intellettuale, in particolare quella fascistoide,  non è da meno. L’antimodernismo ad esempio è un luogo comune diffuso  tra gli intellettuali di destra. Si tratta di una concezione  che conferisce lo stesso senso di soddisfazione verso la storia, provato dalla sinistra, ma con il torcicollo.
Poi ci sono i politici di destra e di sinistra, tutti insieme, pronti a correre dietro all’elettorato.  puntando  sulla  demonizzazione dell’avversario. Pertanto il senso di superiorità finisce sempre  per mescolarsi con la propaganda elettorale. Ovviamente, con dosaggi differenti.
Per tornare all’alterco televisivo  di qualche giorno  fa  tra Lilli Gruber e  Giorgia Meloni, ci si soffermi sul video (**).   Da un lato la Gruber osserva la Meloni da aristocratiche altezze stratosferiche, dall’altro la Meloni, in modo arrogante, diciamo più plebeo,  fa  pura propaganda,  da altezze altrettanto importanti. Alla fin fine pari sono. 
Servirebbe invece, al di là della  questione di deontologia giornalistica, giustamente rilevata da Carlo Pompei,  una base comune, concettuale,  fornita dal rifiuto di qualsiasi senso della  storia a destra come a sinistra. 
Insomma, nessuno dovrebbe sentirsi al sicuro e superiore all’altro, perché la storia  non è di destra né di sinistra. Dal momento che la  libertà  può essere cassata  dalla destra come  dalla sinistra.
Ora esaspererò, per ragioni di chiarezza, il concetto che desidero  esporre:  il nazismo ha cancellato fisicamente milioni di uomini, in nome della razza;  il marxismo  ne ha  eliminati altrettanti, in nome del comunismo. 
Però, ecco il punto:  sul piano  della sensibilità intellettuale, si continua a riconoscere al marxismo  la bontà delle intenzioni. Inoltre,  il welfarismo in qualche misura  ne ha raccolto l’eredità, depotenziandola e volgarizzandola.   Sicché la sinistra, seppure socialdemocratizzata, continua a sentirsi superiore alla destra. Tuttavia, quest’ultima, soprattutto quella populista e fascistoide,  si sente autorizzata a inseguire la sinistra, emulandone il  welfarismo, ricondotto però nell’alveo del razzismo.  Il  “Prima gli italiani”, non è altro che una riedizione di vecchi  slogan fascisti.
Di conseguenza, i due mondi continuano a non comunicare, sentendosi in realtà l’uno superiore all’altro.  Il che spiega l’alterco tra la  Gruber e la Meloni. Purtroppo, davanti a fratture sociologiche  del genere,  le regole, di buona educazione o altro, non servono. Occorrerebbe  invece la condivisione di un  comune sfondo liberale (da non confondere con il liberalsocialismo, il fiscalismo, il welfarismo e il politicamente corretto cattosocialista), che, una volta interiorizzato, potrebbe permettere ai contendenti di scorgere nella storia, non un fine,  ma  un mezzo rappresentato  dal  libero agire di  uomini e donne, tesi a perseguire i propri interessi, e in questo senso  uguali, concretamente uguali.   
Insomma, la politica, di destra o  sinistra, una volta consapevole di non poter fare o promettere miracoli  aggrappandosi alle umani sorti progressive o regressive, dovrebbe fare un passo indietro. Detto altrimenti:  Laissez faire, laissez passer.  Ma questa è un’altra storia...

Carlo Gambescia