lunedì 21 ottobre 2019

Fascio-liberismo, breve storia di un epiteto





Che cos’è il fascio-liberismo?  Secondo i comunisti mai pentiti  il termine  rappresenta un regime autoritario se non totalitario  di  imposizione  del sistema capitalistico  attraverso le  armi dei pretoriani: un mix di dittatura militare e  privatizzazioni, ovviamente, “selvagge”.
Il termine,  in realtà  un epiteto che risale concettualmente alla Terza Internazionale dominata da Stalin,  è  tornato in voga dopo  la vittoria elettorale  di  Bolsonaro in Brasile. E che ora addirittura impazza  sull'onda  dell’ introduzione del coprifuoco nella capitale cilena.  Paese, il Cile,  che, secondo la propaganda anticapitalista  (e filo-collettivista) deterrebbe addirittura  il copyright storico del termine.   Quindi, incline al vizietto... 
In effetti, è vero che  Pinochet, per uscire dall’impasse collettivista, in cui si era infilato il Cile di Allende,  privatizzò per così dire  “a manetta”.   Del resto  non c’era altro da fare.  Ne seguì  però  - cosa che i propagandisti  occultano  -   una crescita economica  notevole,   ancora oggi vivace (*).  
Uno sviluppo apertissimo  ai mercati esteri, che tuttavia ha portato  con sé  significativi  problemi di redistribuzione sociale, purtroppo legati alla struttura socio-economica  storica del Cile.  Una figurazione fortemente ancorata verso l’alto, con un ceto medio in espansione  ma culturalmente (in senso weberiano)  non ancora maturo.    
   
Una debolezza in qualche misura costitutiva,  di cui però  non è colpevole il “fascio-liberismo” (che, eventualmente,  come tempistica, rinvia all’ultimo decennio della dittatura di Pinochet), bensì  la perdurante  discrasia   tra una mentalità politico-culturale,  dai tempi  di metamorfosi lunghi, e i ritmi brevi  della trasformazione economica.   Ci vuole pazienza, insomma.  Cosa banale, ma vera.    
Su questo squilibrio, che poi è tipico dei processi di apertura al mercato, giocano invece i  nemici della libertà, anche mediatici, sparsi ovunque. Gente  che gioca al rialzo, e che  in realtà, consciamente o inconsciamente, lavora non per le riforme ma per la rivoluzione.
Come  ad esempio  questa  mattina su "Radio 3 Mondo", dove durante la rassegna stampa si parlava con  linguaggio allendista di  “guerra del presidente Pinedo contro il popolo cileno”.
Ripetiamo, siamo davanti a  un puro e semplice slogan politico per denigrare il liberalismo e l’economia di mercato.   Si usa un epiteto politico, già impiegato contro il   Cile della pre-transizione democratica (attenzione, “pre-transizione”),  quindi  ieri, per propagandare, oggi, l’anticapitalismo e le improbabili  "delizie" del collettivismo.
Basta fare un giro su  internet (cliccando sul termine)  per scoprire  come l’epiteto sia  particolarmente diffuso e rilanciato proprio da quei siti su posizioni contrarie alle classiche libertà dell’Occidente, politiche, economiche e civili. 
Solo propaganda, insomma.   Eppure…

Carlo Gambescia


(*)  Qui un quadro oggettivo della situazione economica cilena: http://www.infomercatiesteri.it/paese.php?id_paesi=40#slider-