mercoledì 23 ottobre 2019

Dai "Protocolli dei savi  di Sion" a "Mafia Capitale"
 La botta di razionalità della Cassazione

In un’Italia normale  la sentenza della Cassazione che smentisce l’impostazione politica di “Mafia Capitale (“associazioni a delinquere ma non mafiose”)  non sarebbe  ragione di scandalo. Ma l’Italia  paese normale non è.  Anzi lo è ma troppo. E in altro senso. 
Intanto, a proposito degli "scandalizzati", parliamo dello stesso mondo, politicamente allucinato,  che  vuole  mettere le manette agli evasori fiscali  e che scorge complotti politici ovunque, E che mai soddisfatto,  sottoscrive e rilancia, quotidiamente,  la retorica populista dell'   "abbasso le poltrone".
In realtà,  la gente comune, che già tende di proprio al romanzesco, al mitopoietico ma spicciolo,  finisce sempre  per credere in  tutto questo.   O  non credervi del tutto, rifiutando però qualsiasi forma di fiducia verso la razionalità  politica. Di qui il famigerato “sono tutti uguali”.  Salvo credere, in ultima istanza,  come bambini,  nel “salvatore  della patria”:  in colui  che metterà le cose a posto facendo  prevalere i buoni sui cattivi. Semplificando: la gente comune aspira al lieto fine, all’arrivo del principe sul cavallo bianco. 

Questa, purtroppo, è la normalità a livello di psicologia collettiva.  Non è quindi  una cosa soltanto  italiana. Si chiama antropologia sociale.   
Sotto questo profilo, la modernità ha introdotto in politica, ingaggiando una gigantesca sfida contro la banalità di un male collettivo chiamato stupidità,  la  razionalità fondata sul libero senso di discernimento dell’uomo. Altrimenti detto: sulla capacità umana, che pure esiste,  di intendere e di volere.
Non facendo però i conti con certi gravi aspetti della natura sociale  dell’ uomo. Quali? Uno in particolare: per il principio del minimo sforzo intellettuale, la maggior parte degli uomini tende  ad accettare spiegazioni mitologiche,  prive di fondamento reale,  ma sbrigative,  alla portata di tutti e per questo  credute. In fondo, l'uomo al capire preferisce il credere. E più è grossa, più sembra vera.  
Si è puntato allora sull’istruzione come “aiutino”.  Con risultati non molto felici, come prova oggi  la potente mitologia politica che anima le tesi ambientaliste ed ecologiste.
Purtroppo, sembra non esservi  rimedio al senso del romanzesco che anima l’uomo comune.  Attenzione però:  in arte e letteratura, per gli spiriti elevati, in alto insomma,  la formula mitopoietica è un importante fattore creativo,  In basso invece, nella società di massa,   è fonte di  confuse  pseudo-certezze politiche. Purtroppo, tra le due realtà non c’è ponte. L'intelletto, come la carne, è debole.
Ancora peggio, come il Novecento totalitario ha ben mostrato,  quando si sfrutta politicamente il  senso del romanzesco. Cosa che andrebbe accuratamente evitata. 
Una buona  élite politica, proprio perché  consapevole della pericolosità del lato mitologico, dovrebbe attutire, attenuare, smorzare,  non intensificare, inasprire, esasperare. 
E invece esiste addirittura  una letteratura  politico-sociale di tipo mitopoietico  che  va dai Protocolli dei "savi anziani" di Sion  ai libri di Travaglio e Gomez, passando per il complottismo anticapitalista. Usata per giunta ai piani alti della politica. Da Hitler a Grillo.
Esageriamo?  Certo, il collegamento  -  pensiamo ai nomi sopra - può sembrare eccessivo. Ma,  sociologicamente parlando,  alle origini del  mitema  “Mafia Capitale”  c’è il fattore collettivo del romanzesco politico sulla mafia. E qui si consideri l'indotto mediatico, televisivo, cinematografico e digitale in argomento. Un mondo parallelo popolato di fantasiosi esseri mitologici, metà uomini, metà camorristi e mafiosi. Chimere ideologiche   usate  politicamente in chiave di persuasione collettiva.  Inutile ricordare la nefasta politica a colpi di tweet e i suoi  effetti di ricaduta sull' universo mitopoietico dei social: un vero e proprio giardino di infanzia, dove si strepita, si piange,  si fanno i capricci, si crede nelle fate e nelle streghe.    
Una specie  di incantato  impero del romanzesco che la  Corte di Cassazione, per così dire, con una botta di razionalità,   ha   smentito.  Basterà? Non crediamo.  

Carlo Gambescia