venerdì 11 ottobre 2019

Manie autodistruttive: il  “consumo di suolo”
   Rileggere Marx...


Chi voglia farsi un’idea della follia autodistruttiva che sembra ormai pervadere i nostri giorni, si legga la  voce di Wikipedia dedicata al “consumo di suolo” (*), altro mito contemporaneo insieme al "negazionismo  ambientale", ai  "profughi ambientali", insomma  a   tutto   quell’ apparato eco-ideologico che per molti reduci del "secolo breve"  rappresenta la continuazione del comunismo con altri mezzi: quelli dell’ecologia,  pseudo- scienza disumanizzante.   
Ne parliamo oggi,  perché  nella bozza   della legge di bilancio  si annuncia,  crediamo per la prima volta,  il “contrasto al consumo di suolo” (**).  Non per nulla Gualtieri, Ministro dell’Economia,   è  della vecchia guardia comunista, seppure all’epoca in felpa anni Ottanta. Sicché, volente o nolente, per la legge della coazione a ripetere, Gualtieri continua a  scorgere nell’ecologismo una tematica, seppure borghese,  da usare  in chiave di talpa  anticapitalista.
In realtà, Marx è morto,  il  comunismo pure.  Mentre resta   vivo e vegeto  lo statalismo in varie forme, a cominciare dal welfarismo,   di cui la vecchia sinistra  post-comunista (ex Pci) e quella nuova  di zecca (M5S), si fanno allegri  e sciagurati  continuatori.  Ma non è tutto. Perché  anche il "consumo di suolo", concetto ecologista,   può essere arruolato da un  governo  che si proclama  in favore dello  "sviluppo sostenibile",  altro termine che non significa niente. Ma sempre buono per tiranneggiare l'economia di mercato e distribuire finanziamenti a  pioggia   imprese,  asservite ai poteri pubblici,  che vogliono vincere facile.          
Wikipedia, tanto per certificare l’andazzo, altro sciagurato progetto di raffazzonata  enciclopedia anticapitalista,  definisce il consumo di suolo  in modo  negativo.  Ne parla con disgusto, come del portato di un' opera umana   che  andrebbe   dalla "devastazione" del paesaggio  alla cosiddetta  “densificazione del suolo”...  Ce n'è per tutti:  dalla  edificazione delle città alla costruzione di  fabbriche, dighe, porti, eccetera, eccetera. Insomma, traspare un odio biblico per  tutto quel che rappresenta la grandezza della modernità urbanistica ed economica.  E perché no? Anche politica, in chiave liberale e borghese.
Si evince un inveterato odio per quel mondo  che Marx ed Engels  nel Manifesto  definirono invece, quasi  con ammirazione, l'epoca della borghesia. Dove, grazie allo sviluppo dei rapporti di produzione capitalistici, come si legge,  si andava  "strappando una parte notevole della popolazione all'idiotismo della vita rurale" (Edizioni Laterza, 1974, p. 61).  

In pratica, Wikipedia veicola un approccio alla questione, ancora più duro di quello  marxiano, attenzione marxiano, non marxista (***):  si va ben  oltre  gli  interventi fiscali alla Gualtieri.  Si evoca  il sogno, ovviamente da pianificare ampliando i poteri dello stato,  del   ritorno alle micro-comunità pseudo-medievali basate sull’autoconsumo.  Come ciò possa avvenire è un mistero, dal momento che lo stato non è una comunità etica, ma burocratica, che deve autoalimentarsi… Somma e aggiunge  poteri,  non sottrae… 
Si immagina insomma una specie  di  viaggio a ritroso  verso   un passato idealizzato,  in realtà contraddistinto, e per migliaia di anni,   da  stenti, miserie e schiavitù.  Un ideale  che Marx ed Engels  nel Manifesto liquidarono  come  socialismo feudale o arcaico.
Ancora nell’Ottocento, per il liberalismo  e per i "marxisti marxiani"  l’aria della città rendeva liberi.  Il primo però confidava e giustamente nel mercato, i secondi, erroneamente, in  una sorta di processo di miracolosa auto-trasformazione delle cose e dell’uomo, maestosamente in cammino verso  il  paradiso comunista in terra.  

Il progetto di   Marx però era e  resta  antropizzante, per usare un termine alla moda.  Le sue tesi hanno un   sottofondo liberale, perché egli  crede nella   forza  dirompente  della modernità. Ed Engels forse più di lui.   
Marx, se ci si passa il termine,  se ne frega dei paesaggi, non è bucolico, ma industrialista:   senza gli opifici, che saranno pure fumosi  ma opera dell’uomo,  non avverrà  alcun  passaggio al regno dei fini.  Si legga,  in proposito,  il classico lavoro di Auguste Cornu su Marx e la modernità  (tra l’altro  citato  al contrario -  contro  -  da  Del Noce, filosofo cattolico mai tenero verso la modernità).   
Ora, come dicevamo,  il comunismo  è morto. Mentre è rimasto ben vivo  lo  statalismo, nocciolo  duro  sociologico, che in qualche misura, consente all'ecologismo, via post-comunisti e welfaristi,  di   perseverare  nello stesso errore  del comunismo: quello  di pretendere di  controllare tutto e tutti per il "loro bene".  O meglio, ne è la continuazione, però guardando all’indietro.  
Sul punto, ripetiamo,   Marx ed Engels  nelle pagine del  Manifesto dove si ragiona  dei vari socialismi  hanno  visto giusto. Sotto questo aspetto andrebbero riletti.  
Insomma,  Marx è una cosa  il marxismo un'altra, il comunismo e derivati sociologici  un’altra ancora. Qualcuno lo spieghi ai fenomeni di Wikipedia.  E pure  al Ministro Gualtieri.   

Carlo Gambescia                    




(***)  Si legga il paragrafo, sempre  wiki,   sulla “critica al consumo di suolo”, che “critica” ma  da  posizione estreme…  
Ancora qui:  https://it.wikipedia.org/wiki/Consumo_di_suolo