Il libro della settimana: Marco Iacona, Il liberalismo,
pref. di Alain de Benoist, Solfanelli 2012 pp. 96, Euro 8,00.
Partiamo dall’attualità più stringente. È liberale,
rispondere all' uccisione di un diplomatico inviando la flotta? Naturalmente,
parliamo della reazione del Presidente Obama all’assassinio
dell'ambasciatore americano in Libia, da parte, sembra, di un gruppo
terroristico ultraislamico, tristemente noto.
Un liberale, nel caso di Obama un liberal (ma la famiglia
politico-vegetale è la stessa, diciamo ramo di sinistra), deve contare o
tagliare le teste? Diciamo che il liberalismo, come tutte le altre forme di
pensiero politico, essendo al tempo stesso dottrina, teoria e pratica, le
teste qualche volta deve tagliarle. Se vuole sopravvivere,
ovviamente… Soprattutto in un mondo dove, finché ci saranno anche due soli
uomini vivi, la politica non potrà non essere regolata, in ultima
istanza, da puri e semplici rapporti di forza e potenza.
Di riflesso, il liberalismo può essere studiato come
dottrina, evidenziandone le contraddizioni con il verbo liberale; come teoria,
analizzandone, le capacità interpretative della realtà alla stregua di una
qualsiasi teoria sociologica; come pratica politica o di governo. Dal punto di
vista ideale, la migliore analisi - ma anche la più complicata - del fenomeno
liberale, resta quella capace di intersecare i tre livelli (dottrinario,
teorico e pratico).
Ma non vogliamo farla troppo lunga. Il libro di Marco
Iacona, Il liberalismo (Solfanelli), si incentra sul primo dei tre
livelli analitici: quello dottrinario. Nel senso che
indaga, tra l’altro in modo sottile (Iacona è dottore di ricerca in pensiero
politico), le contraddizioni tra la dottrina liberale e la realtà. Incoerenze,
sulle quali martella inesorabilmente Alain de Benoist nella vivace prefazione.
Iacona, però, è più possibilista, perché cerca di
rispondere, senza dare per scontata la risposta, a una domanda precisa: dove ha
“tradito” la dottrina liberale? O ancora meglio: che cosa le
manca per mandare a effetto i suoi assiomi dottrinari? E in
primis quello della massima libertà individuale? Libertà,
detto per inciso, che affascina molto il libertario Iacona.
E quali sono le sue conclusioni? «Il liberalismo», osserva,
costituisce l’unica vera rivoluzione dei tempi moderni, è un punto di non-ritorno,
una meta conquistata tappa dopo tappa: l’orizzonte di una liberazione del
genere umano. Ma una rivoluzione incompleta anzi imperfetta» (corsivo nel
testo). Il che non rappresenta una chiusura. Anzi… E allora?
Tuttavia, sottolinea Iacona, «l’acquisizione del concetto nuovo di libertà
presuppone l’abbandono lento ma categorico di qualsiasi vincolo comunitario e/o
trascendente. Ma all’individuo soggetto pensante e libero attore, l’individuo
in nome e per conto di quale liberalismo si è battuto, non ha vinto alcuna
scommessa e ha conquistato ben pochi traguardi. Quale reazione attendersi,
allora, dal pensiero liberale posto innanzi al temerario, o inaspettato e per
molti aspetti assurdo, colpo di coda, di un imprevedibile nemico? Quale sarà -
conclude Iacona - la sorte di Golia nel XXI secolo?».
Quella, se vuole sopravvivere, come ogni altra forma di
pratica politica, di inviare innanzitutto la flotta… Primum vivere, deinde
philosophari .
Carlo Gambescia
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