La verità non è di questo mondo
In Italia, tutti invocano la verità. Si pensi solo alle
recenti polemiche politiche, anche piuttosto pesanti, nei riguardi del ruolo
giocato dal presidente Napolitano nell’ “affaire Mancino” (ci piace chiamarlo
così). Per non parlare dei veri e propri tormentoni, ormai storici, sui misteri
italiani: chi ha ucciso quello, chi ha pagato quell’altro, eccetera eccetera.
Diciamo che, sociologicamente parlando ( in base a studi,
indagini, ricerche ), l’uomo non è bugiardo né sincero: è reticente; dice e non
dice la verità. E soprattutto rapporta il suo dire alle dimensioni - crescenti
- della cerchia sociale di appartenenza: si è sinceri, ma neppure sempre, con
se stessi, meno in famiglia e nei gruppi amicali, riluttanti
nei gruppi di lavoro e così via. Secondo questa scala, il politico, che
parla in pubblico e alla collettività, è destinato a diventare, se ci si
passa l'espressione, un bugiardo a vita. Insomma, come ha in segnato quel
grandissimo sociologo nato a Betlemme, la verità non è di questo
mondo.
Perciò, una cosa è la ricerca della verità individuale (su
fatti spirituali o personali), un’altra quella della verità collettiva, che
essendo pubblica, è sempre politica, e quindi nella migliore delle
ipotesi una non verità (qualcosa che non è vero, né falso), nella
peggiore una falsità.
Concludendo, la cosiddetta "battaglia"
per la verità sulle questioni pubbliche è perfettamente inutile per
quel che riguarda l’accertamento della verità in sé, mentre può essere molto
vantaggiosa come strumento di lotta politica. Ma questa è un’altra
storia.
Carlo Gambescia
Nessun commento:
Posta un commento