La lotta politica è
spietata. E da sempre. La democrazia rappresentativa, che a occhio e
croce avrà un paio di secoli, ha introdotto in politica una serie
di regole per provare, diciamo così, a civilizzarla,
mitigandone usi e costumi, spesso feroci. Come? Attraverso carte
e magistrature costituzionali, parlamenti, leggi
elettorali, regolamenti, eccetera. Parliamo di un “tentativo”,
difficile, tuttora in divenire, perché il "politico" ha le
sue inflessibili costanti e gli uomini sono quel che
sono. Cosicché, e malgrado gli innegabili
difetti, la democrazia rappresentativa può essere raffigurata come
una piccola nave politica, battezzata “Civiltà”,
assediata da mari tempestosi e perciò sempre in procinto di
essere travolta.
Naturalmente le
regole, che possono essere ridotte a una sola: “contare le teste invece di
tagliarle”, servono a limitare il potere, sempre in
agguato, della sopraffazione. Di qui però, il
ricorso da parte delle diverse forze politiche, a tutto
quell'armamentario, che nel bene e nel male pigmenta la
democrazia parlamentare: l’elusione, le sottigliezze
interpretative, le "meline" procedurali. Pratiche,
mal viste dai detrattori delle istituzioni rappresentative, alle
quali, si usa opporre l’ appello a
entità salvifiche e giudicatrici come dio, la moralità pubblica (che è altra
cosa dall’opinione pubblica), il popolo, la democrazia, la razza, la classe e
di recente la rete. Che sarebbe «sovrana»., come ha dichiarato, proprio ieri,
il deputato grillino Alessandro di Battista, riassumendo il comune sentire
della sua esagitata parte politica. Ma leggiamo la cronaca di quel
che è accaduto dinanzi alla Camera dei Deputati:
Davanti Montecitorio
va in scena il 'Grillo Pride', la manifestazione indetta dal gruppo romano del
Movimento per dare man forte al leader Cinque Stelle nella polemica con la
'dissidente' Adele Gambaro, ieri rinviata al giudizio della rete per una
eventuale espulsione. I manifestanti, circa un centinaio, si sono dati
appuntamento in piazza dove hanno srotolato manifesti e incontrato alcuni dei
parlamentari M5S. "Dentro o fuori dal Movimento con i suoi valori",
"Beppe megafono, noi voce del Movimento", "L'onestà andrà di
moda" gli slogan riportati sugli striscioni. Più inquietanti i cartelloni
con le foto di alcuni dissidenti e fuoriusciti bollati come traditori:
Mastrangeli, Labriola, Furnari e Gambaro. E sono loro, oltre ai cronisti della
stampa e della Tv, che finiscono nel mirino degli attivisti che sono arrivati a
manifestare il loro sostegno al gruppo degli eletti e al leader del movimento.
"Mi piange il cuore nel vedere che qualcuno se ne va proprio quando si
tratta di restituire i quattrini. Ma la rete è sovrana: siamo compatti o da
soli non ce la facciamo" dice il deputato Alessandro di Battista.
Dietro l’invocazione
di una qualche entità fittizia, se ci si passa l’espressione, c’è sempre la
fregatura… E nel caso specifico il rifiuto di una regola fondamentale, quella
del rispetto delle minoranze e più in generale del dissenso. Regola che
caratterizza politicamente la democrazia liberale, alla
quale i suoi nemici oppongono il giudizio finalistico di una
fantomatica maggioranza extra-istituzionale. Da ciò si deve desumere
che Grillo e M5S sono portatori, neppure
sani, di un pericoloso virus totalitario: la
maggioranza è tutto la minoranza nulla. Del resto, come si
è visto, il passo al taglio delle teste dei
dissenzienti, per ora metaforico, può essere
molto breve. Ritorna insomma, tutta la ferocia della politica.
O se si vuole del potere nudo dell' l’inciviltà… Per dirla
fuori dai denti: Beppe Grillo, dal punto di vista della
cultura democratico-rappresentativa, rappresenta
un modello di perfetta inciviltà. Da manuale. Che
poi egli rovesci astutamente il concetto, autodefinendosi
leader di una minoranza di buoni in conflitto con fantomatiche
maggioranze, ovviamente composte di cattivi, rinvia a quel
fenomeno ben noto in politica col nome di leninismo: sfruttare le regole
e le istitituzioni democratico-liberali, per poi, una volta agguantato il
potere, toglierle di mezzo.
Infine, ciò
che deve essere chiaro è che la distinzione, tipica di Grillo e accoliti,
tra potere costituente (“Noi la
Rete ”, i buoni) e potere costituito (le “Istituzioni”, i
cattivi) è tipica di tutti i moderni movimenti eversivi dai giacobini ai
bolscevichi. E lo stesso fascismo delle origini non ne fu indenne.
Non c’è altro da
aggiungere. Purtroppo.
Carlo Gambescia
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