una risposta all'articolo
del professor Alberto Buela
Albero Buela |
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Oggi, cari amici, segnaliamo il notevole articolo del professor Alberto Buela sull’impotenza europea (La indefensión de Europa vista desde América -http://espacioseuropeos.com/la-indefension-de-europa-vista-desde-america/ ). |
Buela è ciò che si
dice un pensatore indipendente e lucidissimo: non fa sconti intellettuali e
applica il rasoio della metapolitica alle grandi questioni del nostro tempo,
seguendo un’ottica assai vicina alla nostra.
Sintetizzando: nell’
impotenza europea Buela scorge tutti i segni di una decadenza, scaturita dall’
impossibilità di tradire gli ideali liberali, cui essa
sarebbe devota. Insomma, per difendersi, l’Europa dovrebbe
liquidare il patrimonio politico liberale, per poter così
trasformarsi, come ci sembra di capire, in una superfortezza
politica e militare degna della sua storia.
In realtà, il
problema non sembra essere legato alla fuoriuscita dagli
ideali liberali. Parliamo di valori che in
alcuni secoli, e in particolare davanti agli eserciti hitleriani,
hanno mostrato di appartenere al meglio della storia europea
e di essere capaci di animare i combattenti.
Pensiamo invece a un altro colpevole. Quale? Al culto,
diffusosi soprattutto nel secondo dopoguerra, del puro e semplice
vitalismo. Celebrazione che ha contribuito a bandire quei valori di
eroicità e realismo politico, cui giustamente accenna Buela. E
in cambio di che cosa? Dell'andare finalmente a nozze con
il padre di ogni vitalismo: l’umanitarismo. Detto
altrimenti: dello sposare il famigerato “meglio rossi (oggi di
direbbe fondamentalisti musulmani) che morti”. Prima la vita
(quindi il vitale, quindi l'uomo così com'è), poi tutto il resto… Una
morale da autentici vigliacchi. Lontana anni luce dal realismo politico. Quel
realismo che scorge nella guerra, e perciò anche nella
necessità di sacrificarsi, la continuazione della politica con
altri mezzi.
Ora, non vorremmo
entrare in una discussione sulla natura del liberalismo - non siamo i difensori
d’ufficio di nessuna causa - ma più semplicemente desideriamo sottolineare che
il liberalismo è un pensiero ricco e composito. Non interpretabile ( o peggio
“cestinabile”) en bloc . Qui rinviamo il professor
Buela, con il dovuto rispetto s'intende, al nostro Liberalismo
triste. Un testo dove cerchiamo di mostrare come il realismo
politico - e quindi anche la capacità di sacrificio -
non sia assolutamente estraneo al pensiero liberale,
citando pensatori e statisti.
Pertanto il nemico
interno (o meglio "interiore"), non è il liberalismo in quanto
tale, bensì, per dirla con Pareto (altra interessante figura di
liberale triste), “l’umanitarismo delle volpi"… O meglio ancora: dei
vigliacchi… Che però non può essere contrastato,
sostituendogli la pura e semplice forza dei
“leoni”… Trascorrendo così da un eccesso all'altro. Va invece
ricercata - crediamo - la giusta via di
mezzo: un realismo democratico e liberale, capace di esserevolpe, senza cadere in alcun disarmo
morale, ma al tempo stesso leone,
e perciò capace, nel caso, di usare la forza, mettendo
in conto anche il sacrificio di vite umane .
Ovviamente, le idee,
anche le migliori, camminano sulle gambe degli uomini. E purtroppo l’Europa, al
momento, sembra avere una classe dirigente composta in larga parte di “volpi”.
E questo è un problema. Innegabile.
Carlo Gambescia
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