martedì 18 giugno 2013

Un "ripassino" per il  Cavaliere:  l'unificazione europea






L’uscita del Cavaliere sulla necessità di tagliare le tasse anche a costo di "farsi cacciare dall’Europa", malgrado i toni,  scorge  solo una  parte del problema europeo, quella economica.   E  neppure la più importante.   Dal momento che dovremmo prima   interrogarci ( e  Berlusconi per primo)  sul significato politico dell’unificazione europea. Una grandissima idea-forza.  Certo,  di non facile attuazione, soprattutto con mezzi pacifici.   Però le idee più nobili  sono sempre le più difficili da realizzare. 
Che cos’è oggi l’Europa?  Tutto e niente. Un gigante economico,  che ora però sta perdendo colpi,   e un nano politico,   condannato, per alcuni,   a restare tale.  In effetti,  storicamente parlando, la forza dello stato moderno è  nella politica estera. Di riflesso,  l’Europa,  ancora così   lontana  dal diventarlo,  non   ha nessuna politica esterna (ovviamente, sospendiamo il giudizio per ragioni  discorsive sulla natura  storica della  "forma stato"). Di qui, la mancanza di autorevolezza e  il claudicante  procedere in  ordine sparso. Riuscirà mai  a farsi stato unitario?  Difficile dire. Le basi economiche ci sarebbero. Manca invece la volontà politica.
Probabilmente l’Europa potrebbe giungere all’unità - come impongono le costanti del politico - o facendo leva sulla difesa comune da un nemico esterno (la necessità di unirsi per non soccombere), o su   un processo di unificazione, dall’interno, di tipo militare, condotto dallo stato più forte.
Questa seconda strada, dopo due guerre sanguinose, sembra per il momento accantonata. Quanto al nemico esterno, l’Europa pare non  scorgerlo...     Il che però non significa  che non esista. Infatti, su questo terreno, l’Europa sembra seguire, anche se  in ordine sparso, le indicazioni dell’alleato esterno più forte e in certa misura più  affine  per ideologia e interessi: gli Stati Uniti.  Può essere sufficiente? No, a meno che non si ritenga possibile la nascita di una specie di “superstato”, inclusivo delle due coste dell’Atlantico… C’è però chi ci crede.
Esiste una terza via? Per molti, sì.  La via  liberaldemocratica e socialista riformista.  Infatti,   l’Europa politica, post-1945, in un modo sempre più segnato dall’esistenza di grandi blocchi geopolitici, sembra aver affidato tutte le speranze di unificazione, alla dialettica dei parlamenti e alla  crescita economica.  Il che per i popoli europei, usciti stremati dalla guerra, si è tradotto in libertà e benessere. Due fatti indiscutibili. Che alla lunga hanno pesato anche sul destino dell’Unione Sovietica, favorendone la dissoluzione. Come però resta indiscutibile un altro fatto: che nei processi di unificazione, anche se pacifici,  ci si  stringe  sempre intorno allo stato  economicamente e politicamente più forte.  Che tende perciò, quasi naturalmente, a farla da padrone.

Ora però, la crisi mondiale sembra aver messo in discussione tutto: l' unificazione e la stessa  egemonia tedesca.  Si riaprono i giochi?  Forse. C’è tuttavia chi, come Berlusconi,  scherza con il fuoco.  Ma per andare dove?  E per giunta  da soli?

Carlo Gambescia

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