Un "ripassino"
per il Cavaliere: l'unificazione europea
L’uscita del
Cavaliere sulla necessità di tagliare le tasse anche a costo di "farsi
cacciare dall’Europa", malgrado i toni, scorge solo una
parte del problema europeo, quella economica. E neppure
la più importante. Dal momento che dovremmo prima
interrogarci ( e Berlusconi per primo) sul significato
politico dell’unificazione europea. Una grandissima idea-forza.
Certo, di non facile attuazione, soprattutto con mezzi pacifici.
Però le idee più nobili sono sempre le più difficili da
realizzare.
Che cos’è oggi
l’Europa? Tutto e niente. Un gigante economico, che ora
però sta perdendo colpi, e un nano
politico, condannato, per alcuni, a restare
tale. In effetti, storicamente parlando, la forza dello
stato moderno è nella politica estera. Di
riflesso, l’Europa, ancora così
lontana dal diventarlo, non ha
nessuna politica esterna (ovviamente, sospendiamo il giudizio per ragioni
discorsive sulla natura storica della "forma
stato"). Di qui, la mancanza di autorevolezza e
il claudicante procedere in ordine sparso. Riuscirà
mai a farsi stato unitario? Difficile dire. Le basi economiche ci
sarebbero. Manca invece la volontà politica.
Probabilmente
l’Europa potrebbe giungere all’unità - come impongono le costanti del politico
- o facendo leva sulla difesa comune da un nemico esterno (la necessità di
unirsi per non soccombere), o su un processo di unificazione,
dall’interno, di tipo militare, condotto dallo stato più forte.
Questa seconda strada,
dopo due guerre sanguinose, sembra per il momento accantonata. Quanto al nemico
esterno, l’Europa pare non scorgerlo... Il
che però non significa che non esista. Infatti, su questo terreno,
l’Europa sembra seguire, anche se in ordine sparso, le indicazioni
dell’alleato esterno più forte e in certa misura più affine per
ideologia e interessi: gli Stati Uniti. Può essere sufficiente? No, a
meno che non si ritenga possibile la nascita di una specie di “superstato”,
inclusivo delle due coste dell’Atlantico… C’è però chi ci crede.
Esiste una terza
via? Per molti, sì. La via liberaldemocratica e socialista
riformista. Infatti, l’Europa politica, post-1945, in un modo sempre
più segnato dall’esistenza di grandi blocchi geopolitici, sembra aver affidato
tutte le speranze di unificazione, alla dialettica dei parlamenti e alla
crescita economica. Il che per i popoli europei, usciti stremati dalla
guerra, si è tradotto in libertà e benessere. Due fatti indiscutibili. Che alla
lunga hanno pesato anche sul destino dell’Unione Sovietica, favorendone la
dissoluzione. Come però resta indiscutibile un altro fatto: che nei processi di
unificazione, anche se pacifici, ci si stringe sempre intorno
allo stato economicamente e politicamente più forte. Che tende
perciò, quasi naturalmente, a farla da padrone.
Ora però, la crisi
mondiale sembra aver messo in discussione tutto: l' unificazione e la
stessa egemonia tedesca. Si riaprono i giochi? Forse. C’è
tuttavia chi, come Berlusconi, scherza con il fuoco. Ma per
andare dove? E per giunta da soli?
Carlo Gambescia
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