Viva le primarie televisive!
Di sicuro, il confronto fra i candidati alle primarie
indette dal Pd, trasmesso ieri su Sky, è la migliore risposta al
“talebanismo” televisivo di Beppe Grillo e di altri passatisti. Non tanto
per i contenuti (comunque interessanti) del dibattito, quanto per il metodo: la
discussione.
Naturalmente, non si può discutere all’infinito, dal momento
che la politica implica la decisione. Decisione, i cui contenuti, come
impone la democrazia rappresentativa, possono essere
"ribaltati" nelle elezioni successive, precedute,
ovviamente, da nuove discussioni, da cui usciranno, attraverso
il libero convincimento dei singoli, un nuovo parlamento e un
nuovo governo. E tra i canali principali di discussione
pubblica non può non esserci la televisione. Certo, esiste
il rischio della cosiddetta deriva pubblipolitica... Ma
si tratta di un rischio che va accettato. Di riflesso, chiunque
neghi il valore di questo processo (dalla discussione alla decisione) non
è sicuramente dalla parte del libero confronto democratico tra le
diverse opinioni di maggioranza come di minoranza.
Perciò ben vengano le primarie di partito televisive,
perché puntando sul confronto pubblico delle idee e dei programmi si
rafforza la democrazia. Certo, si fortifica l’idea di una democrazia liberale,
rappresentativa, non nazi-organica o sovietico-popolare. E allora?
Il che è solo un bene.
Per contro, il problema italiano, ma anche di altre
democrazie contemporanee, ha natura istituzionale (nel senso di crescente
confusione tra i poteri istituiti). Parliamo dell’indecisionismo cronico,
ossia del prolungamento, talvolta ad infinitum,
della discussione parlamentare, anche all’interno del
governo: istituzione "consacrata" alla
decisione politica. Ma questa è un’altra storia.
Carlo Gambescia
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