L'Inno di Mameli a scuola
Italiani si nasce o si diventa?
Purtroppo, il problema, dopo un secolo e mezzo, sembra
essere sempre lo stesso: italiani si nasce o si diventa? A questo pensavamo
leggendo del ddl approvato definitivamente, ieri in Senato, che « promuove
l'insegnamento dell'Inno di Mameli a scuola e istituisce la ''Giornata
dell'Unita' della Costituzione dell'Inno e della Bandiera'' il 17 marzo» (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/11/08/Inno-Mameli-ok-Senato-insegnarlo-scuola-legge_7760785.html
).
Se nel 1861 lo si doveva diventare, nel 2012 il problema
“educativo” (diventare italiani) non dovrebbe più sussistere. E invece no.
Perché siamo ancora all’ Inno di Mameli da studiare a memoria a
scuola... All' "addestramento", insomma...
Qui non si tratta di manifestare arcitalianità, ma
di rilevare malinconicamente l’assenza di quel minimum
funzionale che dovrebbe unire un popolo. Si dirà, le nazioni sono
entità inventate, eccetera, eccetera. Certo, ma noi non parliamo di
un minimum mitico-culturale ma funzionale… Detto
altrimenti: non nazionalismo ma di spirito di
nazionalità. E funzionale a che cosa? Al riconoscimento di un
fatto preciso: che alcune funzioni politiche, economiche, culturali, non
possono essere esercitate altrove perché producono orgoglio
politico, prestigio economico, fierezza culturale. Un’ italianità
funzionale che spesso riscopriamo negli italiani che
risiedono all’estero, soprattutto in Argentina e negli Stati Uniti.. Ci
è infatti capitato, viaggiando, che
italiani di terza generazione, magari incontrati per
caso, parlassero con orgoglio di Garibaldi, di Meucci, di Leonardo,
senza per questo denigrare la patria d'adozione.E che per
giunta sapessero a memoria l'Inno di Mameli...
Idealizzazioni che "scattano" quando
si vive all'estero? Forse. Ma come spiegare
l'italianità "manifesta" dei
nipoti? Con la trasmissione intergenerazionale dei valori. Trasmissione
che richiede nei singoli - tutti membri di una catena ideale,
che però può essere spezzata in qualsiasi momento -
volontà di trasmettere, ricevere, ritrasmettere, e così
via... Parliamo perciò di una libera scelta e non di italianità ope
legis . Per farla breve: italiani si diventa, ma lo si
deve volere, anche perché lo si "sente".
Pertanto, in certa misura, si nasce italiani per appartenenza
a una tradizione familiare. In qualche modo, e non è una battuta,
ogni nazione è una federazione di famiglie.
Comunque sia, che tristezza. constatare, ogni volta, che per
amare l’Italia si deve lasciarla…
Carlo Gambescia
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