C'è un futuro per i giovani?
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Chi ricorda il film di Alain Tanner, uscito
nel lontano 1976: Jonas qui aura 25 ans
en l’an 2000 ? Dove prevaleva la speranza: il piccolo Jonas avrebbe
avuto un futuro migliore dei padri… Oggi Jonas, avrebbe trentaquattro anni. E
il suo futuro rischia invece di essere peggiore… Del resto come si può chiedere
ottimismo agli under 35, se le politiche si riducono alla banda larga, come
prova il decreto legge sugli incentivi approvato ieri l’altro? Il Governo -
udite udite - ha stanziato 20 milioni di euro per i giovani, tra i 18 e 30 anni
che effettuano una nuova attivazione. Morale della favola: un contributo “cada-giovane”
di 50 euro. Magari per farsi sfruttare direttamente a casa da qualche call
center “delocalizzato” nelle camerette dei nostri ragazzi.
Cerchiamo invece di essere seri. Alcuni dati interessanti in argomento emergono
dallo studio realizzato nel 2009 da Cittalia-Anci Ricerche: Il futuro in mano a chi? Giovane Italia, una
generazione sospesa tra incertezze e voglia di partecipazione (www.anci.it/Contenuti/Allegati/INDAGINE_10.pdf ) . Indagine che merita di essere riletta e meditata.
Per dirla fuori dai denti: negli gli under 35 prevale l’ apprensione. Un dato
su tutti: 8 giovani su 10 sono comunque preoccupati; 6 su 10 preoccupatissimi;
solo 2 su 10 lievemente preoccupati. Le ragioni? Oddìo, ci si arriverebbe anche
da soli. Comunque sia, elenchiamole in ordine discendente: il lavoro, i bassi
salari, pensioni a rischio, eccesso di flessibilità, la crescita del costo
della vita, i ridotti investimenti nella ricerca, i buchi nel sistema giudiziario,
la criminalità organizzata, la pressione fiscale, i temi ambientali,
l’immigrazione. Il futuro è più temuto dai giovani del Mezzogiorno e dai
trentenni che vivono in comuni medio-piccoli.
In cima alle preoccupazioni ci sono gli aspetti legati all’occupazione e al
costo della vita. Mentre spaventano meno ambiente e immigrazione.
Per la maggioranza dei giovani (6 su 10) l’Italia è in declino su tutti i
fronti: sociale, politico ed economico. Negativa anche la percezione del futuro
“prossimo” (da oggi al 2020): perché si dovrà lavorare di più ma con minori
garanzie e pensioni più basse. L’Italia viene percepita come una società dove
prevarrà l’incertezza del lavoro. E in cui la flessibilità rischia di
trasformarsi in una brutta realtà con la quale fare i conti per tutta
l’esistenza. Insomma, siamo davanti al crollo verticale della fiducia giovanile
nel futuro.
Caduta libera, cui però si oppone un dato, non totalmente negativo: in Italia,
gli amministratori comunali “giovani” sotto i 35 anni sono 27.304, cioè il
18,7% dei 146.273 amministratori locali. Certo, non molti… Però - ecco
l’aspetto incoraggiante - tra questi 27.304, oltre il 70% è stato eletto e
svolge la propria attività in comuni con una popolazione inferiore ai 5.000
abitanti. Tale percentuale sale al 90% se si considerano i comuni fino a 15.000
abitanti. Inoltre, il 68% degli eletti under 35 opera in comuni del Nord e del
Centro, mentre il 32% risiede al Sud e nelle Isole. Per contro, va ricordato
come l’età media dei politici italiani sia piuttosto alta : 57 anni. Si veda in
proposito il brillante studio di Carlo Carboni ( Élite e classi dirigenti in
Italia, Editori Laterza)
Pertanto se ci sarà ricambio politico (“in alto”), dovrà provenire dai piccoli
comuni ( e quindi “dal basso”), in particolare quelli del Nord e del Centro
Italia. Resta però un problema: se, una classe politica che tende alla
gerocrazia, avrà la volontà di intercettare i giovani più capaci e dunque
rinnovarsi. Difficile dire.
Ma c’è un altro aspetto preoccupante: i sacrifici, oggi richiesti, non
favoriranno la crescita della fiducia nel “sistema-Italia”. Perché i giovani
continueranno ad essere primi a pagarne le conseguenze, in termini di
occupazione e bassi salari. Visto che il Governo, quanto a misure di politica economica,
sembra limitarsi ai tagli e alle “mance” sulla banda larga.
Povero Jonas che fregatura ti hanno dato…
Carlo Gambescia
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