martedì 25 maggio 2010

C'è un futuro per i giovani?


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Chi ricorda il film di Alain Tanner, uscito nel lontano 1976: Jonas qui aura 25 ans en l’an 2000 ? Dove prevaleva la speranza: il piccolo Jonas avrebbe avuto un futuro migliore dei padri… Oggi Jonas, avrebbe trentaquattro anni. E il suo futuro rischia invece di essere peggiore… Del resto come si può chiedere ottimismo agli under 35, se le politiche si riducono alla banda larga, come prova il decreto legge sugli incentivi approvato ieri l’altro? Il Governo - udite udite - ha stanziato 20 milioni di euro per i giovani, tra i 18 e 30 anni che effettuano una nuova attivazione. Morale della favola: un contributo “cada-giovane” di 50 euro. Magari per farsi sfruttare direttamente a casa da qualche call center “delocalizzato” nelle camerette dei nostri ragazzi.
Cerchiamo invece di essere seri. Alcuni dati interessanti in argomento emergono dallo studio realizzato nel 2009 da Cittalia-Anci Ricerche: Il futuro in mano a chi? Giovane Italia, una generazione sospesa tra incertezze e voglia di partecipazione (www.anci.it/Contenuti/Allegati/INDAGINE_10.pdf ) . Indagine che merita di essere riletta e meditata.
Per dirla fuori dai denti: negli gli under 35 prevale l’ apprensione. Un dato su tutti: 8 giovani su 10 sono comunque preoccupati; 6 su 10 preoccupatissimi; solo 2 su 10 lievemente preoccupati. Le ragioni? Oddìo, ci si arriverebbe anche da soli. Comunque sia, elenchiamole in ordine discendente: il lavoro, i bassi salari, pensioni a rischio, eccesso di flessibilità, la crescita del costo della vita, i ridotti investimenti nella ricerca, i buchi nel sistema giudiziario, la criminalità organizzata, la pressione fiscale, i temi ambientali, l’immigrazione. Il futuro è più temuto dai giovani del Mezzogiorno e dai trentenni che vivono in comuni medio-piccoli.
In cima alle preoccupazioni ci sono gli aspetti legati all’occupazione e al costo della vita. Mentre spaventano meno ambiente e immigrazione.
Per la maggioranza dei giovani (6 su 10) l’Italia è in declino su tutti i fronti: sociale, politico ed economico. Negativa anche la percezione del futuro “prossimo” (da oggi al 2020): perché si dovrà lavorare di più ma con minori garanzie e pensioni più basse. L’Italia viene percepita come una società dove prevarrà l’incertezza del lavoro. E in cui la flessibilità rischia di trasformarsi in una brutta realtà con la quale fare i conti per tutta l’esistenza. Insomma, siamo davanti al crollo verticale della fiducia giovanile nel futuro.
Caduta libera, cui però si oppone un dato, non totalmente negativo: in Italia, gli amministratori comunali “giovani” sotto i 35 anni sono 27.304, cioè il 18,7% dei 146.273 amministratori locali. Certo, non molti… Però - ecco l’aspetto incoraggiante - tra questi 27.304, oltre il 70% è stato eletto e svolge la propria attività in comuni con una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti. Tale percentuale sale al 90% se si considerano i comuni fino a 15.000 abitanti. Inoltre, il 68% degli eletti under 35 opera in comuni del Nord e del Centro, mentre il 32% risiede al Sud e nelle Isole. Per contro, va ricordato come l’età media dei politici italiani sia piuttosto alta : 57 anni. Si veda in proposito il brillante studio di Carlo Carboni ( Élite e classi dirigenti in Italia, Editori Laterza)
Pertanto se ci sarà ricambio politico (“in alto”), dovrà provenire dai piccoli comuni ( e quindi “dal basso”), in particolare quelli del Nord e del Centro Italia. Resta però un problema: se, una classe politica che tende alla gerocrazia, avrà la volontà di intercettare i giovani più capaci e dunque rinnovarsi. Difficile dire.
Ma c’è un altro aspetto preoccupante: i sacrifici, oggi richiesti, non favoriranno la crescita della fiducia nel “sistema-Italia”. Perché i giovani continueranno ad essere primi a pagarne le conseguenze, in termini di occupazione e bassi salari. Visto che il Governo, quanto a misure di politica economica, sembra limitarsi ai tagli e alle “mance” sulla banda larga.
Povero Jonas che fregatura ti hanno dato…

Carlo Gambescia

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