Le tesi di Guido Rossi sul Diritto "interstiziale"
Capitalismo e regole
Il capitalismo può essere "imbrigliato"
giuridicamente?
In Italia si è acceso un vivace dibattito in argomento
grazie ai libri di Guido Rossi (nella foto), professore di diritto commerciale (si veda per
tutti, Capitalismo opaco, a cura di Federico Rampini, Editori Laterza
2005). Il quale sostiene, per farla breve, che il capitalismo per funzionare
correttamente ha soprattutto necessità di "regole". E che uno dei
limiti del capitalismo italiano, sarebbe proprio quello di essere insofferente
alle "buone leggi". Di qui la necessità di intervenire sul piano
legislativo.
Ovviamente, il professor Rossi, non è così ingenuo, da
ignorare il fatto che le buoni leggi hanno bisogno di un ambiente morale e
culturale, da cui trarre sostentamento psicologico e comportamentale ( e su
questo punto si veda anche il suo Conflitto epidemico, Adelphi 2003).
Insomma, anche per Rossi, come per il grande barone di Montesquieu, i buoni
costumi fanno le buoni leggi.
Due, però, sono i punti discutibili delle sue tesi.
Il primo punto è che per fare i buoni costumi ci vogliono
i secoli, mentre per formulare e approvare le leggi bastano pochi giorni o
mesi. C'è , come dire, una frattura di tipo conoscitivo e sociologico tra tempo
sociale e tempo giuridico. Ciò però non significa che non si debba
"tentare" di modificare giuridicamente la realtà. Si deve. Ma da quel
che tutto sommato scrive, si ricava l'impressione, che Rossi sopravvaluti
"illuministicamente" il ruolo del diritto e del legislatore. Non
sempre considera che il diritto, in realtà, opera negli spazi interstiziali,
tra i due tempi (quello sociale e quello giuridico). Il diritto perciò è sempre
ambiguo, e lo è "costitutivamente". Dal momento che si sviluppa nello
spazio minimo del "già e non ancora": stretto tra necessità presenti
e comportamenti e sensibilità ereditate . E che spesso per questo motivo si
risolve in pura decisione: politica. E mai giuridica
Il secondo punto, che discende dal primo, è che la
visione del capitalismo di Rossi è esclusivamente giuridica. Nel senso che
giudica il capitalismo dal punto di vista delle regole di un idealizzato
diritto commerciale. E' un po' come pretendere di studiare, e soprattutto
giudicare, il comportamento umano, esclusivamente in base al rispetto dei Dieci
Comandamenti. Il che è nobilissimo sotto il profilo morale, ma fuorviante sotto
quello analitico e conoscitivo. Rossi "crede" nel capitalismo eroico,
austero, rispettoso delle regole, civile e umanistico, e dunque "giuridicizzabile".
Purtroppo per lui, si tratta di un capitalismo che rappresenta, come la storia
mostra, piuttosto l'eccezione che la regola. E nonostante ciò, sulle basi di
questo capitalismo "idealizzato" da "Dieci Comandamenti",
Rossi giudica quello reale, pretendendo, per giunta che il diritto
"interstiziale", di cui sopra, sia capace di imbrigliarlo.
Il che, e va riconosciuto, prova una grande fede nei
miracoli.
Carlo Gambescia
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