Enel, Francia, Italia
Le dinamiche monopolistiche
del capitalismo
Lo stop francese alla scalata Enel della società Suez sta
scatenando uno psicodramma nazionalista, soprattutto in Italia. Tuttavia il
vero punto della questione, a differenza di quel che si legge su molti
giornali, non è lo "sgarbo" francese nei riguardi dell'Italia, ma
l'assenza di una politica energetica e industriale europea veramente comune.
La reazione francese, in assenza di una volontà politica
europea, è se non giustificabile comprensibile. I francesi cercano di tutelare
la propria autonomia energetica e industriale, in un settore economico segnato
dall'assenza di qualsiasi vera politica comune. E dove i diversi paesi
procedono in ordine sparso, oppure si limitano a discutere in interminabili
riunioni di contributi alle dismissioni industriali e all'agricoltura protetta.
Insomma quello francese è un puro e semplice riflesso di autodifesa... Al quale
sarebbe stupido rispondere con ritorsioni economiche.
Il problema invece è piuttosto complesso e di non facile
soluzione.
In primo luogo, gli studiosi di geopolitica hanno ragione
quando affermano che sui mercati mondiali possono competere solo le grandi
imprese, dotate di notevoli risorse, quadri adeguati e strategie globali. Dal
punto di vista strettamente geopolitico l'Europa dovrebbe puntare, proprio in termini
di accorpamento, sulla formazione di una specie di supergruppo pubblico per
l'energia, con quadri europei, capace recepire attuare, nei riguardi del resto
del mondo, le linee guida di una politica energetica e industriale comune
In secondo luogo, quel che può essere giusto dal punto di
vista geopolitico può non esserlo da quello strettamente economico. Un
supergruppo pubblico europeo per l'energia implicherebbe prezzi certamente più
stabili, ma proprio perché monopolista i prezzi sarebbero più alti rispetto a
quelli attuali. Inoltre sul piano delle dimensioni una macrostruttura
economico-industriale imporrebbe sue gerarchie, suoi quadri, e una logica di
tipo particolaristica, legata al funzionamento di una grande struttura,
fortemente burocratizzata. Di qui sprechi e disfunzioni.
In terzo luogo, una macrostruttura economica richiede,
alle sue spalle, un struttura politica, ancora più forte e accentrata, capace
appunto di controllarla. Senza poi considerare il fatto che per giungere alla
creazione di una supergruppo pubblico europeo dovrebbe essere modificata tutta
l'attuale legislazione europea sulla concorrenza. Inoltre andrebbe ripercorsa
in linea teorica e pratica la stessa strada che negli anni Cinquanta e Sessanta
condusse alle nazionalizzazioni. Dovrebbe perciò essere chiaro quanto una
scelta del genere possa confliggere con la dominante retorica delle
privatizzazioni e gli interessi dei grandi colossi dell'energia europea, che
invece tendono a "correre" ognuno per sé. Un progetto dunque di
difficilissima realizzazione.
In quarto luogo, visto che il capitalismo procede per
razionalizzazioni e accorpamenti (insomma, tende naturalmente al monopolio),
sicuramente anche nel settore dell'energia, si giungerà alla nascita di un
supergruppo europeo. Ma con caratteristiche private e non pubbliche. In che
modo? Attraverso le "guerre di mercato" tra imprese medio-grandi. Il
supergruppo europeo potrebbe essere a capitale privato franco-tedesco, con
piccole partecipazioni di altre imprese europee, e dunque anche italiana.
Sempre che gli Stati Uniti ne consentano la nascita... Da
questo punto di vista andrebbero monitorati attentamente gli investimenti
americani nei settori energetici e industriali europei, investimenti che
attualmente stanno crescendo. Infine, per quel che riguarda la durata del
processo di concentrazione, è difficile stabilire una data-termine:
probabilmente ci vorranno almeno dieci-quindici anni, o forse più. E quel che
ora sta accadendo mostra che il processo è appena iniziato. E che la Francia , cerca di
bloccarlo puntando su antiche prerogative nazionalistiche. Il che è
comprensibile, ma insufficiente dal punto di vista storico-economico: i
nazionalismi( francese, italiano, ecc.) non possono più influire, per una
evidente sproporzione di risorse e forze, in alcun modo sulle gigantesche
dinamiche di concentrazione monopolistica del capitale, non solo europee ma
mondiali.
Né si deve confidare troppo nella nascita di un
nazionalismo europeo. Che avrebbe come inevitabile corollario il dirigismo politico
ed economico.
L'Europa purtroppo è finita in un vicolo cieco. Come
ne uscirà?
Carlo Gambescia
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