giovedì 16 febbraio 2006

Profili /13
Giuseppe Palomba






Giuseppe Palomba (1908-1986) purtroppo non gode di quella fama che invece meriterebbe pienamente. Dal momento che va sicuramente posto tra gli economisti italiani più originali del Novecento. Dopo ovviamente figure come Pareto e Pantaleoni, veri e propri giganti, che del resto appartengono alla generazione precedente alla sua.
Giuseppe Palomba, nasce in provincia di Caserta, si laurea in economia a Napoli nel 1929. Studia con Corbino Niceforo, Barbagallo e Amoroso, economista allievo di Pareto. Nel 1932 frequenta la London School of Economics. Nel 1935 consegue la libera docenza in economia politica e si dedica in particolare agli studi di economia matematica. Nel 1939 è in cattedra a Catania. Nel dopoguerra insegna a Napoli (Facoltà di Economia) e negli anni Settanta a Roma (Facoltà di Scienze Politiche). Socio dell'Accademia dei Lincei e di numerose altre istituzioni internazionali, tra le quali l'Ismea, fondata da François Perroux, al quale era legato da profonda amicizia.
Tre sono i filoni principali della sua ricerca.
Il primo è quello dei rapporti tra sociologia ed economia. Attento lettore di Pareto, Leone, Michels, ma anche di Perroux, Palomba ritiene assolutamente impossibile l'esistenza di una economia astratta, e soprattutto separata dalle istituzioni sociali. Di qui l'interesse per lo studio dei rapporti tra classi sociali, strutture di potere e teoria economica. Per Palomba è sempre necessario distinguere tra economia politica e politica economica. La prima ha valenza teorica, la seconda politica. La prima implica l'impiego della spiegazione scientifica, la seconda spesso l' uso della forza. E il ruolo dell'economista è di mediare tra i due aspetti, in termini di economia applicata ai problemi concreti. Di qui anche la sua visione integrale o "ecumenica" dell'uomo e dell'economia".
Il secondo filone è quello dell'economia matematica. Secondo Palomba, per lo studio dell'economia teorica, va conservata l'analogia tra scienze fisiche ed economiche, estendendola però ai principi einsteiniani di relatività speciale e generale, usando il linguaggio dell'algebra tensorial e la teoria dei gruppi di trasformazione.
Quest'ultimo filone di ricerca rinvia al terzo. Palomba, partendo dal concetto di relatività, giunge a sostenere che i sistemi economici, sono sistemi chiusi, e dunque soggetti a entropia: a una crescente "disorganizzazione" che può assumere l'aspetto del degrado ecologico, economico, ma anche politico e sociale. Qui il suo pensiero tocca le stesse vette scalate da studiosi come Georgescu Roegen.
Va ricordata anche la sua ricchezza di interessi filosofici, religiosi e politici. Lettore onnivoro, Palomba si è confrontato, seguendo modalità veramente inconsuete per un economista, con autori come Evola, Guénon, Spengler, i classici del pensiero islamico, Donoso Cortés, ma anche Lenin, Marx e altri classici del marxismo e del socialismo, che spesso usava citare insieme ai padri della chiesa. Chiunque abbia assistito negli anni Settanta alle sue scoppiettanti lezioni universitarie romane , non può non conservarne un ricordo indelebile. Di se stesso diceva:" Sono l'ultimo dei grandi conservatori e il primo degli autentici rivoluzionari".
Autore di circa una ventina di libri. Restano però di maggiore interesse per la comprensione della sua originalissima opera tre volumi in particolare: Fisica economica (1970); Morfologia economica (1970); L'espansione capitalistica (1973), tutti pubblicati dalla Utet, e purtroppo esauriti da anni. Per una rapida ricognizione si veda pure Giuseppe Palomba, Il pensiero economico italiano (1848-1948), Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2004 (www.libreriaeuropa.it), in particolare l'introduzione. 

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