Profili/12
Reinhart Koselleck
Il 3 febbraio è morto Reinhart Koselleck . Con lui
scompare probabilmente una figura di storico totale. Nel senso di uno studioso
non "specialista", ma capace di utilizzare, e al meglio, gli
strumenti della sociologia, delle scienze politiche e giuridiche, della
filologia e della semantica storica. E quindi in grado di spiegare e
storicizzare concetti e istituzioni, a partire da quello di "modernità
liberale". E di una società liberale, oggi presentata come il migliore dei
mondi possibili.
Nasce nel 1923
a Gorliz, in Germania, di buona famiglia, mostra subito
grande intelligenza e passione per gli studi. La guerra lo travolge: come tanti
altri giovani tedeschi anche Koselleck, si arruola nel 1941, come freiwilling
nella Wehrmacht. Combatte in Asia centrale. E vive la tragedia della ritirata e
della resa. Tra il 1947 e il 1953 completa gli studi di storia, diritto pubblico,
filosofia e sociologia, presso le università di Heidelberg e Bristol in
Inghilterra. Dopo di che intraprende la carriera accademica. Nel 1965 ottiene
la libera docenza, nei due anni successivi , 1966-1967, insegna Scienza
Politica alla Ruhr-Universitat di Bochum. Dal 1968 al 1973, insegna Storia
Moderna all'università di Heidelberg. E dal 1974 alla morte, è docente di
Teoria della Storia all'Università di Bielefeld, di cui oltre essere fondatore,
ha promosso e diretto il Centro di Ricerche Interdisciplinari (1974-1979).
Molto noto all'estero, grande viaggatore (ha insegnato tra l'altro negli Stati
Uniti, Francia, Giappone). Koselleck era un uomo di una curiosità e vitalità
inesauribili. Come è stato notato nel suo pensiero sono presenti influssi di Schmitt,
Heidegger, Lowith, Gadamer, Conze, Freyer e Alfred Weber.
Autore di una ventina di libri, alcuni dei quali tradotti
in italiano. Critica illuminista e crisi della società borghese (il
Mulino 1972 [ed. or. 1959]; La Prussia tra riforma e rivoluzione.
1791-1848 (il Mulino 1988 [ed. or. 1967]); Futuro passato. Per una
semantica dei tempi storici, Marietti 1986[ed. or. 1979]), Progresso, con
Christian Meier (Saggi Marsilio 1991[1975]), dall'importante
collezione "Lexicon - Geschichtliche Grundbegriffe", il "Lessico
storico dei concetti politici", da lui fondato e diretto con Otto Brunner.
Di particolare interesse, per la radicale analisi delle
dicotomie liberali, è la sua dissertazione dottorale, molto apprezzata da Carl
Schmitt (cfr. ad esempio Id., Categorie del 'politico', il Mulino
1988, p. 131, nota), Kritik und Krise (trad. it. il Mulino 1972). Nel
testo Koselleck dimostra come l'utopia borghese e illuministica, tutta
incentrata sulla separazione tra pubblico e privato, sia frutto della scelta
dell'illuminismo ( come movimento di idee) di mascherare l'ansia di riforme,
valorizzando nel privato le fantasie utopistiche ( e di qui anche il ruolo
delle Logge massoniche, cfr. in particolare il capitolo II, pp. 69-170), per
poter così difendersi dall'occhiuto assolutismo monarchico. Le élite
postrivoluzionarie, incluse quelle attuali (ma questa è una ipotesi personale)
continueranno a vivere sotto il segno di fantasie morali private (o comunque
"impolitiche") che rappresentano non solo l'antitesi della politica
assolutistica ( e il che può essere giusto), ma della politica in quanto tale:
come sostrato culturale e sociale dell'uomo; un "sottofondo" che
purtroppo implica bene e male mescolati insieme. E dunque anche la dicotomia
amico-nemico. E qui basta ricordare l'uso retorico e nefasto, che si fa ancora
oggi, dei diritti dell'uomo, come base privatistica (i diritti soggettivi
universali), di una politica di forza "pubblica" e militare. Nella
convinzione "assoluta", ma fantastica, che una volta instaurato il "regno"
dei diritti universali dell'uomo, verrà spontaneamente meno anche il ruolo
della politica e del "nemico", cosicché il "privato" fantastico avrà finalmente la meglio sul "politico" realistico. Sotto questo aspetto il rapporto con
la politica, viene perciò vissuto ancora oggi, come durante le fasi più acute
delle rivoluzione francese (e qui è invece Koselleck a parlare), quale
instaurazione del regno di utopia attraverso l'uso della forza, se non proprio
della violenza. La ghigliottina come i bombardieri, ieri come oggi, sono giudicati
veicoli di progresso.
Un buon modo per ricordare Koselleck è perciò quello di
leggere subito Critica illuminista e crisi della società borghese (www..mulino.it). Un libro storicamente e
concettualmente molto solido e sicuramente non inferiore per valore euristico
al più conosciuto testo in argomento scritto da Adorno e Horkheimer.
Carlo Gambescia
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