Sordi è morto venti anni fa, Costanzo ieri. Qualcosa però li unisce.
Da spettatore dei film di Sordi e dei talk di Costanzo, una volta uscito dal cinema o spento il televisore, rimuginavo sempre dentro di me qualcosa di sgradevole, che non andava né su né giù.
Qualcosa che non riuscivo a capire. Si ride sì, ma… Si riflette sì, ma…
Ieri, all’improvviso, appresa la notizia della scomparsa di Costanzo, ho finalmente capito.
Ecco, dicevo, c’era sempre un “ma”… Probabilmente, a ben riflettere, non mi è mai piaciuta quell’aria di superiorità, di saperla lunga sulla natura umana, diciamo sulle debolezze umane, e in particolare degli italiani, sulla quale Sordi e Costanzo hanno costruito la propria fortuna. Roba da necrofori dell’italiano medio… Da becchini antropologici, per capirsi.
Si dirà, ma allora Machiavelli? Un altro che la sapeva lunga? Il punto è che dopo cinque secoli il Segretario fiorentino è ancora in cattedra. Sordi e Costanzo, di qui al XXV secolo, chissà…
In qualche misura Sordi e Costanzo sono epigoni, tardissimi epigoni, di un gigante della scienza politica. Machiavelli però fu un fiero repubblicano e un anticlericale. Che, proprio per questo motivo, cadde in disgrazia. Uno scrittore politico, che non nascondeva le sue idee, pur conoscendo la vera natura del potere politico e degli uomini. Che in fondo non temeva né blandiva. Il che non giovò alla carriera di Machiavelli. Anche postuma.
Sordi e Costanzo non hanno mai dovuto affrontare il ferro e il fuoco delle sfide epocali, quel napalm rinascimentale che galvanizzò Machiavelli. Certo, Costanzo, uomo di televisione, si è esposto più di Sordi. Risultò iscritto alla P2 e per poco la Mafia non lo fece saltare per aria. A dire il vero c’era in Costanzo un lato luciferino, anche quando era dalla parte delle forze del bene. Aspetto invece assente in Sordi.
Per rimanere ai “si dice”, Costanzo era visto, e probabilmente si comportava, come un abile uomo di potere (mediatico), nel senso di determinare, con un sì o con un no carriere artistiche e giornalistiche.
Sordi, invece, più appartato, stando sempre ai “si dice”, si occupava semplicemente dei fatti propri. Almeno così lo vedevano gli altri. C’è una novella di Mario Soldati, che senza fare il nome dell’ artista, ne descrive molto bene il rapporto utilitaristico con la vita e con l’amore.
Ricordo un momento cruciale in cui Sordi e Costanzo apparvero insieme in una puntata anni Settanta di “Bontà loro”. Seduto accanto a Sordi, come ospite c’era il ministro Pandolfi, democristiano in ascesa, allora alle Finanze. Sordi se ne uscì – mellifluo come l’antipatico commesso di scarpe di Sotto il sole di Roma – con un “Lei, Ministro, prima di venire qui, avrà preso sicuramente informazioni sulla mia posizione fiscale…”. Pandolfi, sconcertato, lasciò cadere l’argomento , giustamente non era sede quella. Costanzo ridacchiava sotto la camicia con i baffi della devastante ingenuità di Sordi.
Ecco, quell’ uscita naive di “Albertone” prova che Costanzo e Sordi non erano gemelli. Tutti e due attenti calcolatori, ma Sordi, che non aveva potere né lo cercava, ne aveva timore. E così qualche volta incespicava… Mentre Costanzo, non insensibile al potere, blandiva: chi mai aveva invitato prima di lui un politico a parlare di nulla?
Non erano gemelli, però non del tutto dissimili. Sordi e Costanzo rappresentano le due facce di un’Italia, dispiace dirlo, cortigiana. Che, quando si dice il caso, Machiavelli invece disprezzava.
Carlo Gambescia
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