Un personaggio televisivo, come Mario Tozzi, con i tutti i titoli accademici in regola, sembra ignorare le sue responsabilità di scienziato, a dir poco tremende, soprattutto per le conseguenze collettive delle sue serate catastrofiste.
Tozzi propugna un’ ideologia ecologista che mette l’uomo sullo stesso piano della zanzara. Un tempo, negli anni Settanta-Ottanta, si chiamava ecologia profonda (Arne Naess e dintorni). E la si riteneva pericolosa perché rivolta a combattere, e radicalmente, il modello di vita delle società aperte, capitalista e liberale.
Oggi, le stesse tesi sono giunte in televisione, addirittura in prima serata. Tozzi con il suo catastrofismo ecocentrico contribuisce, e in chiave collettiva, a rendere ancora più devastante quella specie di Tsunami ecologista – culturale – che ormai rischia di travolgere le nostre società. Tozzi, diciamola tutta, si comporta da irresponsabile. Autolesionismo sociale allo stato puro. Farà la gioia degli studiosi della decadenza storica del XXIV secolo.
Facciamo solo un esempio.
Ancora negli anni Dieci del Novecento nella Capitale si moriva di malaria. Cento anni prima, andando da Genova a Napoli, i viaggiatori rischiavano di lasciarci la pelle sempre perché aggrediti dalla malaria. Per non parlare dei briganti, che popolavano quelle plaghe e dei contadini che morivano di malattie e stenti, perché non c’era terra da coltivare tra mare e monti. Insomma, un quadro da società pre-industriale, in cui uomini, donne e bambini muoiono come mosche.
Cronache di viaggiatori e statistiche sanitarie dell’epoca provano la gravità di quella situazione. Chi ha tempo, faccia una visitina alla Biblioteca medica statale del Policlinico Umberto I di Roma (ora a Castro Pretorio), primo grande nosocomio di Roma, costruito dai liberali “senza cuore” (secondo gli ecologisti…), vi troverà tutti i dati in merito.
Poi, finalmente, quelle plaghe vennero bonificate, in particolare le Paludi Pontine (per primi, e rapsodicamente, furono i papi), sicché la situazione mutò radicalmente, fino al punto che oggi sulla costa tirrenica si va in villeggiatura. I poveri contadini si sono trasformati in albergatori. Ovviamente, non si muore più di malaria.
Mario Tozzi dedicherà un programma della sue serie, abbastanza seguita, alla deforestazione delle Paludi Pontine. Probabilmente, un modo come un altro per attaccare il fascismo, che a dire il vero, da buon ultimo, mise cappello e orbace sui progetti papali.
Ma il punto non è questo. Tozzi, senza mezzi termini, promette di lanciarsi in raffronti epocali con la deforestazione amazzonica, altro mito ecologista, secondo alcuni.
Si legga qui (dalla sua pagina Fb):
“Vi raccontiamo una storia italiana che è un paradigma dei sapiens: trasformare i valori in prezzi e sacrificare ambiente in cambio di economia. La bonifica integrale dell’Agro Pontino, il più grande massacro di alberi mai perpetrato in Europa in un singolo episodio. Almeno in quegli anni, però, non si era sviluppata una sensibilità ambientale e sembrava che la modernità fosse l’unico rimedio a povertà e malattie. Ma oggi, come facciamo a invocare ancora le stesse scuse per deforestare l’Amazzonia? Riaprire il cold case della bonifica pontina per non commettere lo stesso irrimediabile errore. Sabato 18 #Sapiens 21.45 @raicultura @instarai3”.
Si parla di un fazzoletto di terra rispetto alla Foresta Amazzonica. Eppure Tozzi deve terrorizzare lo spettatore e soprattutto condannare il capitalismo, il nemico principale del pensiero ecologista, che, a questo punto, come abbiamo scritto più volte, non è altro che la prosecuzione dell’ideologia comunista con altri mezzi: quelli del controllo dello stato ecologista su tutto e tutti. Si potrebbe parlare, per parafrasare Lenin, di dittatura del proletariato ecologista, sparso su quell’ “Unico Pianeta” celebrato da Tozzi. Un progetto utopico e illiberale. C’è veramente di che tremare.
Un sola osservazione, il denaro ( quel “ trasformare i valori in prezzi”, come scrive schifato Tozzi), libera l’uomo: 1) perché permette di elevarsi a prescindere dalle proprie condizioni di partenza; 2) perché neutralizza i rapporti tra persone, in passato legate all’omaggio feudale e alla corvée; 3) perché facilità gli scambi, favorendo la libertà di consumi e investimenti.
In sintesi: più denaro, più libertà, meno denaro, più servaggio feudale.
Forse Tozzi rimpiange un’epoca in cui il contadino era costretto a lavorare quattro-cinque giorni a settimana sulle terre padronali e due giorni (e anche di nascosto la domenica) sulle sue microscopiche proprietà, spaccandosi la schiena per poi essere pagato in sementi… Su questi punti e altri, per capire il gigantesco cammino percorso dall’uomo, si legga l’aureo libretto di Sergio Ricossa, Storia della fatica (Armando).
Ci sfugge per quale ragione specifica, profonda, forse psichica, Mario Tozzi continui a gettare palate di merda (pardon) sul sistema capitalistico, inventandosi foreste amazzoniche nell’Agro Pontino. Di sicuro, però, viene meno alle sue responsabilità di scienziato.
Si dirà che non è così e che molti scienziati ne condividono le idee. In realtà, all’interno del mondo scientifico le posizioni sono molto più articolate. Non tutti hanno sposato la tesi dell’ecologia profonda che pone sullo stesso piano l’uomo e la zanzara.
Ma questa è un’altra storia. Diciamo pure una pena al giorno…
Carlo Gambescia
(*) Qui: https://www.facebook.com/mariotozziofficial/?locale=it_IT .
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