lunedì 4 febbraio 2019

Sulla Tav e dintorni
L’importanza (faustiana) del treno a vapore




In questa Italia  sfigurata dal risentimento e dalle piazze televisive, vorremo proporre  alcune osservazioni sulla Tav.  Nulla di impegnativo, il lettore non si preoccupi. 
Sapete qual è  il vero punto della questione? Non il contratto di governo stilato da un fascista di sinistra e da un fascista di destra. Non la questione dei costi aggiuntivi, o di fare un buco  in più nelle Alpi.   Non il  mantra dell’Europa sì, Europa no.  Ma   l’assoluta  mancanza, dietro tutto il blaterale sul popolo delle valli e delle città,  di un’anima moderna. Capace di scorgere dietro un treno l’orgoglio e la marcia della modernità. O meglio il suo meraviglioso spirito faustiano. Che fa il mondo. E lo cambia in meglio.
L’ Italia ha dimenticato il pride del progresso.  Che cosa rappresentò il treno nell’Ottocento?   La forza di una modernità che puntando sul  vapore penetrava nelle campagne inglesi, e poi di tutto il mondo, incidendo sui rapporti di proprietà, sui costumi,  facendo nascere una  nuova gioia di vivere e di conoscere e conoscersi, legata alla velocità degli spostamenti da un luogo all’altro.  Un ruolo che nel Novecento  toccherà all'aereo.
E di questo oblio il Governo giallo-verde, che nei sondaggi tristemente vola, è  il principale responsabile.  Nell’Ottocento,   persino lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie, che non brillavano per modernità,  pur criticandola,  intuirono l’importanza della ferrovia. Non solo e non tanto in sé, ma come simbolo entusiasmante della modernità. E obtorto collo, Papi e Re, unirono Civitavecchia a Roma e  Portici a Napoli.
In Gran Bretagna gli unici a opporsi, inizialmente, furono i proprietari terrieri,  difensori di  antichi privilegi, e un pugno di  contadini ignoranti,  nemici di qualsiasi innovazione. Poi però capirono. E La Gran Bretagna completò, grazie anche a riforme liberali, la conquista  del mercato mondiale.
I Cinque Stelle  - i fascisti di sinistra  -  sono più ciechi e  ignoranti di quei contadini inglesi.  Mentre i leghisti  - i fascisti di destra  -  come i possidenti di allora, non allungano lo sguardo oltre i propri confini.
Il problema non è completare la Tav o meno  (che comunque va ultimata),  bensì il rifiuto della modernità. Il credere che si possa vivere  nell’immobilismo: di un  non fare per il timore di  fallire, uccidendo ogni spirito faustiano.  
Per poi veder passare,  da lontano, senza salutare ovviamente,  i treni degli altri.
Povera Italia.

Carlo Gambescia