mercoledì 20 febbraio 2019

La crisi economica  come risorsa politica:
il ciclo politico del populismo
 Prove tecniche di asservimento 




Il 2019 sarà bellissimo...
È di oggi, l’Italia è in recessione. I dati economici sono pessimi.  E, di sicuro,   si prepara una manovra correttiva. Che, contribuirà a rendere la crisi ancora più profonda, perché, di manovra,  non sarà  la prima né l’ultima.
In un paese, normale, liberale e democratico,  i governanti si preoccuperebbero. Da noi invece, stando all’Avvocato di Provincia, Giuseppe Conte, il 2019 sarà bellissimo. E così confermano il Giostraio Mancato, Matteo Salvini, e il Trascorso Bibitaro allo Stadio, Luigi Di Maio.   

Il ciclo politico populista
Si dirà, bugie, le solite bugie di tre politicanti da strapazzo. Roba vecchia.  Non propriamente. Il ciclo politico populista, per ora sconosciuto alla maggioranza dei politologi, se non come prolungamento autoritario-militare, tipico delle dittature sudamericane, di destra e sinistra, potrebbe riservare sorprese.   Nel senso, e ci spieghiamo subito, della trasformazione della crisi economica in risorsa politica. Più l’economia peggiora, più il governo populista, vara misure assistenziali, più rafforza il suo potere, legando a sé cittadini impauriti e impoveriti. 
Ovviamente, come mostra, ma solo per certi aspetti,  il modello sudamericano (si pensi al  Venezuela di Maduro),  per funzionare, il processo ciclico di  asservimento politico collettivo, ha bisogno di un nemico esterno, da indicare al popolo furente, e, comunque sia, di residue risorse economiche interne da  redistribuire  al sempre amato popolo.

I limiti della redistribuzione
Si tratta, per ora,  di un’ ipotesi da verificare:  ma più una nazione, per il passato,  parte da condizioni economiche  elevate  (come potrebbe essere il caso dell’Italia), più ampi  restano, per il futuro,  i margini di manovra redistributivi di   un governo populista.  Tra il benessere e l’indigenza  esiste  una scala di situazioni intermedie,  che rinviano, quanto a concretizzazione, a tempistiche medie o lunghe (cinque, dieci, quindici anni),  ancora  da studiare sul campo. Anche perché il populismo di governo nei paesi sviluppati e con tradizioni liberal-democratiche è una novità teorica e pratica assoluta. Ne segue  la difficoltà  di poter  fare previsioni, partendo da precise definizioni  tipologiche e raffronti empirici.

L'esperimento italiano
Però qualcosa si può anticipare.  In Italia, in qualche misura,  sembra essere in corso un esperimento politologico e storico che, come detto, semplificando, verte sull’uso  della risorsa politica recessione, e più  in generale della povertà -  per ora immaginaria, ma  che a breve potrebbe trasformarsi in reale -  come strumento di controllo sociale. 
Lo strombazzato  reddito di cittadinanza ne è un esempio, come del resto l’ossessione per il paternalismo di stato e il disprezzo per un euro, che impedirebbe, come si ripete,  di stampare moneta  del popolo e  per il popolo.   
Invece,  gli attacchi alla Francia  e all’Ue, rinviano al nemico esterno, da indicare al popolo, al quale si fornisce, come supplemento di odio,  la  rappresentazione criminale  dell’immigrato, e l’esaltazione stupida di tutto ciò che sia italiano.  

Il sogno di Pulcinella
Ovviamente, una politica del genere, in un paese sviluppato, se per un verso può favorire, come risorsa "immaginaria", l'egoistica  coesione difensiva  intorno al governo populista, per l’altro  può  avere un limite nella quantità, inevitabilmente,  sempre più ridotta di risorse “vere” da redistribuire, limite tipico di un approccio secessionista e protezionista  alle correnti vive del mercato mondiale.
Pertanto, il ciclo politico del populismo, potrebbe risolversi in una catastrofica distruzione di ricchezza e nell’ impoverimento degli italiani, oltre che, ovviamente, nell'emarginazione economica e politica.
La triste fine, di ogni  sogno di Pulcinella...

Obiettivo Europa
Di questo pericolo il governo populista è  consapevole. Come prova il tira e molla sull’euro, che  per ora viene visto come un ombrello, e  come del resto  mostra   l’importanza che viene  attribuita alle prossime elezioni europee, e non solo per ragioni propagandistiche. E allora perché? Per esportare -  certo non in tempi brevi  -   il modello populista in Europa, e così facilitare  la propagazione del  ciclo politico populista. Il cui esito però, dal momento che  il nazionalismo, in ultima istanza,  prevarrebbe su ogni altra ragione, potrebbe essere  la guerra civile europea, di tutti contro tutti. E per una semplice ragione:  “tenersi stretti” i rispettivi cittadini, promettendo di depredare gli sconfitti, destinando il  “bottino” ai poveri cittadini, giustamente ricompensati  per il “tributo di sangue” “donato” alla patria…        

I nuovi predoni
La logica del populismo è  predatoria. Si basa sul saccheggio delle risorse, proprie e altrui, ovviamente sotto la copertura ufficiale della bandiera nazionale, il cui  sventolio, tra gli squilli di tromba,   celebra l’aiuto  ai  più deboli della nazione. Qui la sua forza, ma anche la sua debolezza. L’Italia, in particolare,  può vantare una tradizione di "nazionalismo straccione”, non meno pericoloso. Si ricordi il pre-fascista e pascoliano inno alla “Grande Proletaria”, l'Italia, che  aveva invaso la Libia,  poi riciclato dal populismo fascista, come giustificazione del “Posto al Sole” e della grandezza nazionale.  Avventura  che finì, come tutti sappiamo.  
Se il ciclo politico populista, qui ipotizzato,  dovesse estendersi all’ Europa, potrebbe  avverarsi  quel che abbiamo paventato per l'Italia. In sintesi, la distruzione economica di un continente e l’asservimento  di un popolo, quello europeo, che, mai dimenticarlo, della libertà ha fatto la sua religione.  Quindi alla fine del ciclo, potrebbero "arrivare i nostri". Ma solo alla fine.      

Carlo Gambescia