giovedì 21 febbraio 2019

“Linea” e  “Open”
Mi manda Mentana…



Dei giornalisti  di “Linea” (un pezzo di storia della stampa di destra italiana),  parlo degli organici, della redazione, esclusi dunque, e giustamente,  i collaboratori, mai nessuno venne chiamato  a  "Prima Pagina"  di  RaiRadio3.  
Ora, dopo neppure due mesi dalla  nascita,   chi  ritroviamo  a chiosare le aperture?  Una giornalista di “Open”,  quotidiano online,  voluto da Mentana nel suo momento pop. Sara Menafra  ammannisce ai lettori la solita pappina  giustizialista, con un pizzico di birignao soft,  finto indipendente: solo un pochino  più a sinistra di “Repubblica”, giusto per trattare Cinque Stelle  un partito come un altro. 
Quanti redattori, di quotidiani online fondati negli ultimi  tre mesi,   sono stati invitati a “Prima Pagina"?

Domanda retorica. La logica è quella antichissima, e castale,   della lottizzazione, inaugurata in Rai, prima dalla Dc, come proteina per le correnti, poi in doppia coppia con socialisti e comunisti,  infine con liberali, socialdemocratici, repubblicani e missini. Mi manda Moro, mi manda Craxi, mi manda Ingrao... E perché no?  Mi manda Mentana… 
Però per essere lottizzati si doveva e deve far parte della famigerata casta.  Evidentemente, Enrico Mentana, ne faceva e ne fa  parte. Il che spiega perché Open sia lì,  "Linea", no.
Qualcuno dirà che “Linea”, come testata,  oggi  non può esserci,  perché   travolta  dalle carte giudiziarie,  per una questione di finanziamenti pubblici "distratti",  come recitano gli atti.  Decideranno i giudici. Comunque sia,  “Linea” davanti ai microfoni di  Radio3  non è c’è mai stata,  né prima né dopo.
E invece - quando si dice il caso -   hanno poi condotto "Prima Pagina"  giornalisti  di “Linea”, che all'epoca  vi scrivevano addirittura sotto pseudonimo (perché "mica uno  può  perdere la faccia"...), appena cambiata casacca e  testata...  Insomma, una volta in regola con la partita  Iva del conformismo. Ciò significa, a maggior ragione, che  “Linea", pur prendendo contributi  pubblici,   non faceva  parte del coro,  mentre,  "Open" di Mentana, sì.   
E questo, dell'indipendenza,   è un grande  merito del suo Direttore, Claudio  Pescatore,  ma anche di giornalisti, seri, preparati come Carlo Pompei. Lontani,  anni luce dal leccaculis vulgaris... (pardon, per il latino maccheronico).  
“Linea”, creatura storica di Pino Rauti, aveva  natali  di estrema destra. Inutile negarlo. Il che però non precludeva la collaborazione a chi avesse percorsi differenti, come chi scrive.   Ricordo fascisti forbiti, come Franco Monaco, geni della macchina giornalistica, neutralmente affettivi, come Angelo Frignani,  virtuosi della penna, come Maurizio Liverani, socialista (credo) mai pentito,  creativi, dal cervello instancabile,  come Alessio Di Mauro.  
Non mancavano, ovviamente come in tutti i giornali e comunità umane,  anche furbi, sfaticati e opportunisti.  Però, nessuno, ripeto nessuno, mi cambiò mai neppure una virgola. L’aria di libertà intellettuale che vi si respirava era unica nel suo genere. Ho bei ricordi. Soprattutto, quando con  Carlo Pompei, guida ineguagliabile, e  pochissimi altri resistenti,  riuscimmo a far uscire, nel 2011, contro tutti e tutto, un giornale più che dignitoso.
Il che spiega però, semplificando,   perché “Linea”  è morto,  e  "Open"   invece vive.  

Carlo Gambescia