venerdì 22 febbraio 2019

Dove va la Chiesa di Papa Francesco?
La parola alla sociologia economica





Una Chiesa sulla difensiva o quasi
“Una Chiesa Cattolica  al passo con i tempi”. Sono almeno tre secoli  che il mondo laico, e giustamente dal suo punto di vista,  ripete il mantra. E La Chiesa che fa? Diciamo che è sulla difensiva. O quasi, come vedremo. 
Nel  XIX secolo  la Chiesa perse  i privilegi politici dell’ Ancien Régime e il monopolio sull’istruzione, nel XX quello  sull’opinione pubblica. E nel XXI, cosa  accadrà? Come sarà la Chiesa di Papa Francesco?  Difficile dire. 
Forse gli strumenti di un’analisi economica, imbevuta però di sociologia,  potrebbero aiutare a capire. Si chiama, sociologia economica.

Il  mercato della religiosità
Intanto, fotografiamo la situazione di quello che potrebbe essere definito il mercato della religiosità. 
I progressisti  rimproverano alla Chiesa di non aver sciolto il nodo tra   religione e democrazia, i conservatori  invece la criticano per  aver ceduto troppo. Per i primi,  il Concilio Vaticano II non ha mantenuto le sue promesse,  per i secondi, invece  sarebbe stato fin troppo di parola. Gli economisti direbbero, che il cavallo (il consumatore religioso), messo  davanti al secchio d’acqua (la Chiesa del Concilio Vaticano II)  non beve (non consuma prodotti religiosi).   
Questo accade nella fascia alta dei consumatori.  Se dalle reazioni  delle  élite  si passa a quelle del  popolo -  la fascia media e bassa -  la sociografia  traccia un quadro dei consumi religiosi istituzionali a dir poco stagnante : crisi delle vocazioni,  caduta verticale della pratica, indifferentismo verso la Chiesa-istituzione, se non per criticarla,  come entità  al servizio dei potenti, nemici di una Chiesa-movimento, priva o quasi  di dogmi.
Ciò però  non significa che la religiosità,  come  soddisfazione di un bisogno di protezione sociale, con promessa di vita ultraterrena o meno,  sia del tutto in crisi.  Le cosiddette religioni fai da te, poco o nulla istituzionalizzate, prive di dogmi, o comunque di prescrizioni sociali,  non sembrano subire crisi. Anzi,  si può dire che domanda religiosa si sia  rivolta verso forme di offerta più flessibili, meno impegnative e totalizzanti sul piano dei comportamenti sociali prescrittivi: ciò che si deve fare, obbligatoriamente. Stiamo assistendo allo sviluppo  di una religione acquisitiva: qualcosa che si sceglie tra un ventaglio di offerte, secondo  le proprie necessità, dall’ introspezione assoluta  alla carità sociale.

 Papa Francesco, come imprenditore religioso
Dicevamo di una Chiesa sulla difensiva, o quasi.  Ma, rispetto a che cosa? Al mutamento della domanda religiosa. Sotto questo profilo, può essere interessante esaminare la figura di  Papa Francesco  come  imprenditore di bisogni religiosi.  
Ad esempio, la rivendicazione di un ruolo sociale, assistenzialistico, ossia  la continua evocazione di "Una  Chiesa povera e per i poveri", si rivolge a coloro che  cercano nella religione, quanto a motivazioni e  finalità culturali, una prodotto  sociale.
Il  messaggio di Papa Francesco  resta invece meno efficace  nei riguardi di coloro che vogliono soddisfare il bisogno di introspezione, e  che aspirano, di conseguenza, a una chiesa democratica, ridotta al minimo istituzionale, una specie di   prodotto ideale  per il tempo libero, per  il trekking  religioso.   
Infine,  assolutamente nulla,  risulta l’opzione  sociale  nei riguardi degli indifferenti:  un mercato difficile da conquistare, perché i suoi “consumatori” sembrano essere impermeabili sia  alle motivazioni all’acquisto sociale, sia alle finalità introspettive. Ovviamente, esiste un’ ampia zona di confine, mobile,  legata al malcontento sociale, immaginario o meno. Che crescendo, potrebbe trasformare  la curva degli indifferenti in  curva dei sofferenti sociali.  I famigerati "poveri"...  Ed  è a questo tipo processo, a suo avviso incipiente,   che Papa Francesco guarda con l' attenzione degna di  un Berlusconi imprenditore.

La scelta protezionista
Ora, sociologicamente parlando, la sfera religiosa, insieme alle sfere politica, economica e culturale, rimanda a un visione obiettiva del sociale,  dove alla sfera politica, spetta la protezione dai nemici interni ed esterni,  alla sfera economica la produzione e  distribuzione della risorse materiali, alla sfera culturale la produzione e indicazione di fini materiali, alla religiosa, gli  immateriali. 
Nella visione sistemica della società,  il sociale è frutto  dell’equilibrio tra le quattro sfere.  Sotto questo aspetto  l’attenzione dell'imprenditore religioso Francesco verso la curva della sofferenza sociale, sposta, obiettivamente,  il campo di influenza e azione della Chiesa, da quello religioso al culturale.  
Dopo aver dominato per secoli la sfera politica (supremazia dello spirituale e temporale) , economica ( evangelizzazione, guerre e mecenatismo)  e culturale  ( imposizione, giusta o meno, di  tabù sessuali), la Chiesa  sembra oggi  decisa  a uscire  dalla sua “ridotta” religiosa,  per andare all’assalto delle trincee culturali, sposando però  la causa ideologica  del protezionismo sociale, come marxisti, comunisti,  socialisti,  socialdemocratici, ma anche fascisti, nazisti, statalisti in genere.  Per farla breve, allineandosi  ai costruttivisti sociali.   

Il rischio bancarotta
Nel cristianesimo primitivo e  antico,  l’ offerta  assistenzialista del Vangelo  andava  a incontrare una domanda insoddisfatta, di qui il grande successo storico-sociale. Il mercato religioso era ancora vergine.  Oggi invece,  venuto meno il monopolio della Chiesa,  Francesco  trova sulla sua strada  concorrenti agguerriti, soprattutto laici ( i costruttivisti, di cui sopra). Inoltre,  domanda delle domande: una "Chiesa povera e per i poveri" dove reperirà le risorse?   
Di qui,  la   corsa di Papa Francesco  al ribasso dei prezzi,   il dumping dogmatico,  fino   addirittura a ricorrere ai  saldi, per esaurire vecchie scorte di magazzino.  Ne consegue, come dicevamo, lo scontento dei progressisti, perché non sanno che farsene di  merci fuori moda, e dei conservatori, che invece  temono la svendita. Senza dimenticare la rigidità, o difficile permeabilità,  dei possibili consumatori di fascia media e bassa, già frequentatori di altri discount religiosi più competitivi, rispetto al rapporto qualità-prezzo che può offrire la Chiesa Cattolica.      
Qual è il rischio? Di perdere i consumatori vecchi e non trovarne di nuovi. Si chiama anche,  bancarotta.

Carlo Gambescia