lunedì 11 febbraio 2019

Moderati sveglia!
Non tutto il Pansa vien per nuocere…


Ieri mi sono divertito a sondare i lettori della mia pagina Fb, tutte persone ben preparate, a proposito della sulfurea  uscita di Giampaolo Pansa sulla necessità di un governo tecnico-militare che vada a sostituire, quindi con le cattive, il governo giallo-verde, a suo giudizio, “governo terrorista”.
Cosa è venuto fuori dal dibattito?  Uno spirito di rassegnazione che sembra nascere  da alcune considerazioni  sulla  natura fatua  degli italiani, sul  carattere epocale della sfida politica in corso, sulla illiceità  e  inopportunità   etico- politica di opporsi con la forza, a un governo eletto democraticamente. 
Le reazioni perciò  vanno dalla crisi vista come sfida epocale, quindi dai tempi lunghi,  alla  sua normalizzazione in termini di naturale avvicendamento tra governi politici e tecnici. Oltre ovviamente al rifiuto  - forse  per certi aspetti  meritato -  del  Pansa giornalista, giudicato altrettanto populista, quanto i suoi avversari.

Cosa dire? Che la rassegnazione non aiuta. Se i miei lettori e amici,  rappresentano, come credo, un piccolo campione dell’elettorato moderato, riformista e liberale,  c’è veramente di che preoccuparsi circa il destino di un  Paese, che rischia di finire, completamente abbandonato a se stesso, non nelle mani dei “terroristi”, come enfatizza Pansa, ma sicuramente degli estremisti politici.
Si staglia, tra i moderati  una ritrosia, probabilmente più psicologica che politica, dovuta allo stile di vita e di  ragionamento legato alla valutazione dei  pro e  contro in ogni questione, magari anche a sfondo a personale e professionale. Dicevamo si staglia una ritrosia  a voler  capire fino in fondo la gravità della situazione. Il moderato o è timido o si lascia intimidire, magari senza neppure accorgersi del pericolo. Facciamo  solo due esempi.  
Il primo. L’attacco alla  Banca Italia  indica chiaramente  che il Politicamente Corretto di Destra, dà per scontato, proprio sul piano del consenso il collettivo,  il controllo da parte dello stato di tutte le risorse economiche. Siamo davanti a un impianto ideologico tipico degli stati totalitari. E nessuno sembra rendersene contro, a cominciare proprio dai moderati. Che si baloccano, sul "Però i banchieri, eccetera, eccetera...",

Il secondo. L’attacco al ragazzo, italiano, di padre egiziano,  che ha vinto il Festival di  Sanremo, perché, come si legge,  coccolato dalle giurie "elitarie", ma non dal "popolo" del televoto, indica fino a che punto  il Politicamente Corretto di  Destra, quello del “Prima gli Italiani”, ormai la faccia da padrone.  Nessuno sembra accorgersi dell’impostazione razzista, anzi due volte razzista, verso il figlio di un immigrato e verso la borghesia colta. E che fa il moderato?  Prende le distanze dagli uni e dagli altri. Lasciando però  in questo modo campo libero ai razzisti. 
La mancanza di reazioni tra i  moderati,  sia  a livello politico (governanti)  sia collettivo (governati), al totalitarismo  economico e  al  razzismo,  indica che la situazione è di una gravità sconosciuta, perché il Politicamente Corretto di Destra  detta un’ agenda politica che non ha precedenti nella Storia della Repubblica.
L’interventismo economico democristiano, aveva quale contraltare,  alla Banca d’Italia,   un  Guido  Carli: allora nessuno osava  teorizzare  apertamente come  verità evangelica il controllo statale di tutte le risorse finanziarie e valutarie. Il razzismo, all’epoca,  era confinato  nei sordidi ambienti dell’estremismo neo-nazista, addirittura  esterni allo stesso Movimento Sociale.  Tra quel che asseriscono  oggi  Salvini e Di Maio,  e ciò  che sostenevano  l’ Aldo Moro  dell’apertura sinistra e persino l’Almirante della Costituente di Destra, che porterà al distacco, timido quanto si voglia ma liberaldemocratizzante,  di Democrazia Nazionale dal Movimento Sociale,   c’è una differenza di specie e non di grado. Insomma, non sono tutti uguali: la storia repubblicana non è un unicum, secondo l'idiota vulgata sulla  "casta".  Mai dimenticarlo.

Esiste  poi un altro aspetto politico, poco compreso dai moderati: quello della centralità del Parlamento, intuita e celebrata perfino da Almirante (ma non dai Casaleggio...).  Da cui discende  la necessità, secondo una tradizione legata al liberalismo archico (politico), che, ad esempio, per la Francia, va da Napoleone, uomo del Direttorio a De Gaulle, riformatore politico degli anni Sessanta,  di difendere il Parlamento,  se occorre, anche con le armi. Con la forza dei pretoriani. Anzi del supplemento pretoriano. Perché, la forza da sola non basta, ma  anche il consenso, qualche volta deve essere aiutato. A termine, ovviamente, come avevano capito i Romani,  che nelle fasi di emergenza repubblicana, si affidavano, pro tempore, a un dittatore. 
Per questi aspetti storici  si potrebbe risalire, al proto-liberalismo del Parlamento lungo e alla spada di Cromwell, al liberalismo della  Rivoluzione armata dei coloni americani,  fino  al liberalismo della strenua difesa ottocentesca delle nuove Costituzione e Statuti dagli attacchi dei  rossi  e neri,  del Socialismo come della Chiesa.
La storia del liberalismo è storia di eroi della libertà. Di uomini  caduti per la libertà con la spada in pugno.  Esiste  una tradizione di liberalismo armato,  che raggiunge il suo culmine nella guerra vittoriosa contro il nazifascismo, che resta sinonimo di difesa della libertà e della democrazia parlamentare,  rappresentativa. Anche se oggi molti hanno dimenticato.
Più si  critica il Parlamento,  presentandone  le imperfezioni come tare politico-genetiche, più si fa il gioco dei nemici del liberalismo, che usano il liberalismo, come la famigerata corda di Lenin, fornita dai borghesi stessi, per impiccare tutti i borghesi.
Certo, il liberalismo è anche Stato di Diritto. Ci mancherebbe altro.  Però senza l’uso della spada contro i nemici dello Stato di Diritto,  per   confidare  soltanto  nella bontà taumaturgica del  discorso pubblico,  si rischia di favorire  il Politicamente Corretto di Destra che spiana la strada ai  nemici del liberalismo,  per ora rappresentati da Salvini e Di Maio.   
Due figuri politici,  che se dovessero cadere, senza alcuna alternativa liberale,  dallo schianto, e dalla confusione, che ne seguirebbe, potrebbero prendere   forza   movimenti politici ancora più pericolosi. Sarebbe il turno, per dirla fuori dai denti,  del neofascismo vero e proprio. Al quale gli italiani, per la terza volta (dopo Berlusconi e Salvini) si volgerebbero, scorgendo in esso  l'  ultima ancora di salvezza.  
Moderati sveglia!  Non tutto il Pansa vien per nuocere… 

Carlo Gambescia