Tasse e senso civico
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P2, P3... A quando la P 4? Mah... Intanto, per
Berlusconi i neopiduisti sono soltanto un "pugno di sfigati":
"lui", il Cavaliere, assolve sempre gli amici (per qualcuno
"amici degli amici"). Mentre per la sinistra, Fini e Bocchino,
l'Annibale piduista sarebbe di nuovo alle porte: "loro" condannano
sempre, ovviamente i nemici ( e gli amici dei nemici).
Non vogliamo però invischiarci, almeno per
oggi, nel tormentone Cavaliere Sì/Cavaliere No, argomento sul quale molti blogger
specie d'estate "campano", bensì affrontare un argomento di respiro
più ampio in chiave metapolitica ma con leggerezza, perché fa troppo caldo...
Quale? Quello del rapporto fra tasse e senso civico degli italiani. Un terreno
accidentato, dove i politici, come vedremo, danno il "cattivo
esempio".
Non è certo una novità che gli
italiani fanno i furbi e non pagano le tasse… Ad esempio nel 2009 l’Italia ha
tristemente confermato il suo “primato” europeo con il 51,2% del reddito
imponibile non dichiarato. Nei primi dieci mesi del 2009, l’imponibile evaso in
Italia è cresciuto del 11,7% raggiungendo i 369 miliardi di euro l’anno, come
mostra l’ indagine effettuata da KRLS Network of Business Ethics per conto
dell’Associazione Contribuenti Italiani.
Ma è tutto colpa del popolo minuto? Insomma, dell’italiano medio dalla ganassa
larga? Sì e no.
Sì, perché l’Italia, come alcuni sostengono, non è un Paese “unitissimo”, e non
solo per gli imperversanti particolarismi locali , ma anche per certo furbo
egoismo made in Italy che spinge a “fregare” sistematicamente lo Stato e ad
affossare ogni senso civico. Come appunto mostra l’evasione fiscale, giunta
quasi a livelli montenegrini.
No, perché i politici - quindi non solo il cittadino medio - sono i primi a
dare il cattivo esempio, anteponendo la loro, di ganassa, al bene comune.
Si pensi al caso Scajola. E non soltanto alla storia dei microassegni, ma pure,
come pare di capire, al basso valore dell’immobile dichiarato davanti al notaio
per pagare meno tasse… Nella migliore delle ipotesi l’intero l’affaire non brilla per trasparenza
fiscale.
Ma anche a sinistra non si scherza. Nel 2003 Prodi, da padre tenerissimo, donò
ai figli 870mila euro per acquisizioni immobiliari, sfruttando proprio le
“inique detassazioni” approvate dal governo di centrodestra. E come si difese?
Asserendo di aver agito “secondo quanto prevedeva la legge”. Al tempo, un
politico deve rappresentare un esempio: se una legge è iniqua non la si sfrutta
a fini privati. Dal momento che un comportamento del genere rischia sempre di
favorire nella gente comune analoghi atteggiamenti di tipo opportunistico. Il
famigerato: “perché lui sì, io no…”.
Il problema - per metterla sul metapolitico - è quello della esemplarità
politica. Ci spieghiamo subito.
Esiste un principio che nobilita ( o almeno dovrebbe nobilitare…) la politica.
Quale? Quello dell’esemplarità. Tradotto: il politico, soprattutto se di
altissimo livello deve rappresentare, o comunque sforzarsi di rappresentare, un
esempio “edificante” di comportamento. Insomma, un modello positivo da emulare.
Un po’ di scienza politica, per capire meglio. Rousseau, che era una
mammoletta, nel senso che credeva nella bontà dell’uomo, non si stancò mai di
ripetere, testuale: “Proponiamoci grandi esempi da imitare, piuttosto che vani
sistemi da seguire”. Come dire: “Caro uomo politico, poche parole, molti
fatti”. E di quelli buoni.
Machiavelli, che al contrario di Rousseau non era un buonista, riteneva che
anche il “cattivissimo” Principe, dovesse comportarsi in modo esemplare. Ed
essere, anche a costo di fingere, un buon esempio per il popolo…In Italia
l’uomo politico - e potremmo ricordare tanti altri casi - non solo non finge ma
se ne frega alla grande sia di Rousseau, sia di Machiavelli, per non parlare
del popolo…
Perciò siamo ben lontani da qualsiasi modello, anche in scala ridotta, di
“esemplarità” politica. Anzi, trascurando le seconde e terze file del mondo
politico, sembra proprio che i suoi massimi protagonisti, al folle ritmo di uno
scandalo al giorno, si preoccupino soltanto di dare in pasto agli italiani il
peggio di se stessi. Si pensi alle quattro ore trascorse in procura per
“chiarire” i suoi rapporti con Balducci, persino di Sant’Antonio Di Pietro da
Montenero di Bisaccia…
Purtroppo, la situazione è così seria, che non si può neppure consigliare ai
nostri concittadini di fare quello che suggeriva nei suoi Sonetti il grande Gioacchino Belli: “Lei facci sor maestro/nò quer ch’er prete fa ma
quer che dice”.
Perché i politici di oggi, a differenza dei preti ottocenteschi del poeta
romano, sembrano razzolare male e predicare peggio.
Carlo Gambescia
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