martedì 7 novembre 2006


Camorra
Narcisismo cinematografico




Vogliamo riflettere seriamente sulla “questione camorra”? Magari senza cadere in stereotipi razzisti o in piagnistei sulla mancanza in Campania di una società civile “democratica”…
In primo luogo, va fatta una notazione in termini di rapporti di forza tra Stato e organizzazioni camorristiche. Secondo i centri di di osservazione sulla criminalità, lo Stato (polizia e carabinieri), non ha organici sufficienti per controllare il territorio. Di qui, una strana ma sociologicamente congrua analogia con la situazione brasiliana, dove intere zone urbane sono controllate dalle mafie locali. E questo perché, per una costante sociale, i gruppi più aggressivi (come quelli criminali), non ammettono il vuoto “amministrativo” e tendono a “colmarlo”, impadronendosi del potere sociale. Di qui la necessità di un maggiore impegno repressivo, in termini di uomini e mezzi.
In secondo luogo, una volta catturati, i camorristi, vanno processati e condannati. E qui s’incontrano due tipi di problemi: organico carente e deficit legislativo. Per i problemi di organico, andrebbero assunti più magistrati, o comunque trasferiti in Campania i giudici più capaci. Ovviamente andrebbe rinforzato anche il personale non togato. Quanto ai problemi legislativi, va preso atto di una questione: dispiace dirlo, ma il diritto “liberale”, nelle situazioni di eccezione non funziona. Servirebbero invece provvedimenti speciali, e in parte, purtroppo, contrari alla normative vigenti. Non si tratta di introdurre la “tortura” (per carità...), né di smantellare lo stato di diritto, ma di attenuare certi eccessi di garantismo, controproducenti, ripetiamo, nelle situazioni di eccezione. Non siamo giuristi, e dunque non sta a noi indicare soluzioni concrete. Ci limitiamo a segnalare il problema.
In terzo luogo, va attenuato anche il “garantismo economico”, la camorra andrebbe colpita economicamente, sul piano degli interessi concreti e dei legami finanziari. E qui pensiamo all’attivazione di controlli a tappeto, e senza tanti inutili legalismi, da parte della finanza, anche su chi sia solo “in odore” di camorra. Un buon esempio in materia è rappresentato dall’esperienza di Falcone e Borsellino attenti indagatori dei movimenti economici della mafia siciliana.
In quarto luogo, molti ricorderanno quando l’anno scorso i giornali riportarono la notizia che alcuni studenti napoletani conservavano sul display del telefonino la foto scattata al momento dell’arresto a Cosimo Di Lauro. Un giovane boss che sembrava uscito da un film di Quentin Tarantino. C’è chi tirò in ballo la disoccupazione, chi i telefonini, eccetera. Ma nessuno chiamò in causa quell’immaginario fatto di violenza, soldi facili, narcisismo, di solito evocato proprio dai media: sempre pronti a coniugare il lato pubblico, di condanna ufficiale della camorra, con quello oscuro, se non triviale, celebrante la cultura dei reality e dei film “pulp”. Certo, le influenze ambientali, sono indirette, mediate da numerosi fattori (personali, familiari, sociali): ma in un contesto come quello napoletano dove la Stato non controlla il territorio e dove il lavoro scarseggia, una cultura sesso, pistole e soldi può avere vita facile. Ovviamente, non è statisticamente provato che tutti i giovani diventino camorristi, ma è possibile che per pura imitazione gregaria, finiscano per girare con la foto in tasca del camorrista del momento. Mentre i politici nazionali continuano a discutere di tagli alle tasse e quelli locali ad assolversi. E, quel che è peggio, scuole, insegnanti, assistenti sociali, famiglie, vengono abbandonati a un triste destino: chi è in prima linea per combattere la cultura della resa viene lasciato solo.
E ciò è grave, perché i ragazzi hanno necessità di guide, e se non le trovano se le prendono da soli. La società civile, nel bene o nel male, si costruisce dal basso. E che c’è di meglio, in certi contesti degradati, di un futuro da giovane boss, così simile ai gangster cinematografici. Certo, poi non tutti i ragazzi, ripetiamo, busseranno alla porta camorra. Che, attenzione, controlla il territorio, non solo pagando stipendi (come rozzamente di solito si ritiene), ma dominando soprattutto le menti e l’immaginario, di chi fiancheggia, approva, sopporta e subisce. E lì che avviene la saldatura sociale tra il narcisismo criminale, diffuso a piene mani da una volgare cultura mediatica, le durezze della vita, e l’errata consapevolezza di molti ragazzi, spesso condivisa dagli adulti, che le cose non cambieranno mai. Dal momento che “pesano solo le pistole”. 

Carlo Gambescia

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