Che sia la volta buona?
Il patto di solidarietà
tra giovani e anziani
L’idea del governo del patto di solidarietà tra
lavoratori giovani e anziani, non è sbagliata in sé. Vediamo per quali ragioni.
In primo luogo, cerca di rispondere a un problema urgente, come quello della disoccupazione e del lavoro precario giovanile.
In secondo luogo accetta una filosofia del lavoro innovativa, quella del lavorare meno lavorare tutti, e non quella del lavorare di più, e a ogni costo (anche di essere pagati di meno), oggi molto in voga...
Insomma, si tratta di un’idea che prova a rispondere a una contraddizione sistemica fondamentale. Quale? Per un verso c'è la necessità di far crescere consumo e consumatori, e per l’altro quella di dover ridurre i costi per crescere, e perciò di far decrescere anche il costo del lavoro, tagliando il reddito dei consumatori. E’ un vecchio problema del capitalismo.
Ora, bisognerà vedere, che tipo di parametri fisserà il governo.
Se, come si legge, si tratterà di un provvedimento volto a favorire i figli dei dipendenti anziani assunti, allora siamo davanti al solito assistenzialismo feudale (e non democratico) di vecchia marca democristiana.
Se, inoltre, riguarderà solo il settore pubblico (dove in effetti in numero dei giovani precari è elevato), siamo davanti alla solita redistribuzione di lavoro inutile… Dispiace dirlo, perché nel settore pubblico lavorano persone di qualità, ma senza una razionalizzazione del pubblico impiego, che preceda il patto di soldarietà, si redistribuirà ( per un posto su quattro) lavoro inutile.
Se, inoltre, le assunzioni dei giovani, come ci sembra di intuire, sono a tempo parziale, come risultato si avrà la crescita del lavoro precario. E dunque invece di “stabilizzare” il consumo (dando certezze e redditi) si otterrà il risultato contrario, quello di farlo diminuire. E di riflesso di non sciogliere ( o comunque almeno iniziare) quel nodo di cui sopra.
Se però fosse così, per dirla tutta, l’idea del patto di solidarietà sarebbe una bella presa in giro per giovani, anziani, e per lo stesso sistema produttivo.
Auguriamoci di aver torto.
In primo luogo, cerca di rispondere a un problema urgente, come quello della disoccupazione e del lavoro precario giovanile.
In secondo luogo accetta una filosofia del lavoro innovativa, quella del lavorare meno lavorare tutti, e non quella del lavorare di più, e a ogni costo (anche di essere pagati di meno), oggi molto in voga...
Insomma, si tratta di un’idea che prova a rispondere a una contraddizione sistemica fondamentale. Quale? Per un verso c'è la necessità di far crescere consumo e consumatori, e per l’altro quella di dover ridurre i costi per crescere, e perciò di far decrescere anche il costo del lavoro, tagliando il reddito dei consumatori. E’ un vecchio problema del capitalismo.
Ora, bisognerà vedere, che tipo di parametri fisserà il governo.
Se, come si legge, si tratterà di un provvedimento volto a favorire i figli dei dipendenti anziani assunti, allora siamo davanti al solito assistenzialismo feudale (e non democratico) di vecchia marca democristiana.
Se, inoltre, riguarderà solo il settore pubblico (dove in effetti in numero dei giovani precari è elevato), siamo davanti alla solita redistribuzione di lavoro inutile… Dispiace dirlo, perché nel settore pubblico lavorano persone di qualità, ma senza una razionalizzazione del pubblico impiego, che preceda il patto di soldarietà, si redistribuirà ( per un posto su quattro) lavoro inutile.
Se, inoltre, le assunzioni dei giovani, come ci sembra di intuire, sono a tempo parziale, come risultato si avrà la crescita del lavoro precario. E dunque invece di “stabilizzare” il consumo (dando certezze e redditi) si otterrà il risultato contrario, quello di farlo diminuire. E di riflesso di non sciogliere ( o comunque almeno iniziare) quel nodo di cui sopra.
Se però fosse così, per dirla tutta, l’idea del patto di solidarietà sarebbe una bella presa in giro per giovani, anziani, e per lo stesso sistema produttivo.
Auguriamoci di aver torto.
Carlo Gambescia
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