Con Biden non era accaduto. Una visita lampo. Un volo notturno negli Stati Uniti per
incontrare Trump, il nuovo imperatore Nerone, probabilmente omaggiarlo,
insieme al suo Tigellino digitale, Musk, prefetto del pretorio.
Tigellino, per la cronaca aveva le mani sporche del sangue di Seneca,
costretto al suicidio. E per alcuni storici anche di Petronio.
Si chiamano riti di sottomissione politica. Giorgia Meloni, probabilmente ha promesso un contributo rilevante alla disgregazione europea. E in cambio di che cosa? Probabilmente di briciole, come il permesso di scambiare la liberazione dell’iraniano fermato a Milano con la giornalista Cecilia Sala, chiusa in prigione dai teocrati di Teheran (*).
Qualche lettore penserà che Gambescia, “ il fanatico” dell’Atlantismo, così mi si definisce, fa il furbo. Detto altrimenti, che Gambescia si diletta nello sport del due pesi due misure. Non è così.
Nell’interazione politica, anche stretta, con gli Stati Uniti non abbiamo mai visto nulla di male. I riti di sottomissione fanno parte della politica. Del resto come non essere riconoscenti verso coloro che hanno liberato l’Italia e l’Europa da Hitler e Mussolini.
Non dimentichiamo che Hitler parlava di Reich millenario. E chissà quali altre atrocità avrebbe commesso se non lo si fosse sconfitto. Infine, gli Stati Uniti, cosa non secondaria, continuano a proteggerci come in Ucraina, da Mosca e da altri terribili nemici globali. Per dirla fuori dai denti: che sono neppure ottant’anni di Nato, allenza militare tra popoli amici e uniti intorno ai valori liberal-democratici, rispetto all’incubo totalitario di dieci secoli di hitlerismo?
Biden, il presidente democratico, che per qualità culturale e doti politiche, non era ed è all'altezza di Clinton e Obama. Tuttavia nonostante la caricatura che ne ha fatto la destra in Italia, Biden ha sempre creduto nei valori atlantici e della democrazia liberale. Per contro, Trump, repubblicano, che però non assomiglia per nulla ai due Bush, ben consapevoli del ruolo atlantico degli Stati Uniti, vuole imporre l’isolazionismo e distruggere l’Unione Europea.
Qui il punto. Sotto questo aspetto Giorgia Meloni rappresenta l’anti Alcide Gasperi, il padre della Ricostruzione, che nel suo viaggio negli Stati Uniti di Truman, presidente democratico non repubblicano, venne accolto nel 1947 con tutti gli onori come il rappresentante della nuova democrazia liberale italiana: il ponte istituzionale che univa Italia, Europa e Stati Uniti. Poi venne l’alleanza militare Atlantica. Ancora oggi preziosa.
Giorgia Meloni, rappresenta invece “per li rami” i fascisti. Per una di quelle improvvise virate della storia, oggi è al comando di un partito che non ha mai fatto i conti con il Ventennio recepito la lezione del 1945. Che però, come De Gasperi, viene ricevuta negli Stati con tutti gli onori, da un presidente, Trump, che non nasconde la sua ammirazione per le dittature. Altro che Truman che le combatteva.
In questo senso la foto, da noi ripresa in copertina, postata su X da Andrea Stroppa, referente italiano di Elon Musk, è molto significativa. Una specie di apoteosi culturale della romanità (tra l'altro cavallo di battaglia del fascismo mussoliniano). E spieghiamo perché.
Il mito di Roma antica, in particolare la Roma imperiale, ha sempre diviso l’opinione pubblica statunitense. Semplificando si può dire che, particolarmente nel Novecento, i presidenti democratici hanno sempre a guardato a Roma con sospetto, si pensi a Wilson, Franklin Delano Roosevelt, John Fitzgerald Kennedy, Clinton, Obama.
Per contro il mito di Roma ha sempre entusiasmato i presidenti repubblicani, si pensi ad esempio a Theodore Roosevelt e Richard Nixon, nonché quella che oggi viene definita destra alternativa (“Alt-right”), ben rappresentata, purtroppo, da Trump, Musk e dai personaggi a dir poco bizzarri che ruotano intorno al miliardario (***).
Pertanto la foto postata da Stroppa è in perfetta sintonia con le
scelte culturali degli ammiratori americani di Roma. Quanto a Giorgia
Meloni si sfonda una porta aperta. Insomma, come dicevamo, l'apoteosi di Roma antica.
Probabilmente Trump e il suo entourage ammirano in particolare la Roma autarchica, delle dinastie Flavia e Antonina (69-180 d- C.), all’apice della sua potenza, ben sicura nei suoi confini. Oppure molto più prosaicamente non vanno oltre quel “panem et circenses”, che ci riporta a Giovenale, disincantato poeta, che visse proprio in quegli anni, tra il I e il II secolo d.C.
Concludendo, che cosa vogliamo dire? Che parlare di liberal-democrazia a coloro che si considerano eredi degli imperatori romani sarà molto difficile.
Qui, ripetiamo, il problema.
Carlo Gambescia
(*) Qui alcune indiscrezioni sul viaggio e sui colloqui: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2025/01/04/la-premier-meloni-in-missione-da-trump-anche-il-caso-di-cecilia-sala-tra-i-temi_726dbc6b-c374-45fe-a756-914343a482b9.html .
(***) Per una panoramica in argomento si veda Alexander Demandt, Der Fall Roms Die Auflösung des römischen Reiches im Urteil der Nachwelt (La caduta di Roma. La dissoluzione dell’Impero Romano nel giudizio dei posteri) Verlag C.H. Beck, München 1984. Più in generale, rinviamo al nostro Passeggiare tra le rovine. Sociologia della decadenza, Edizioni il Foglio, Piombino (LI) 2016.
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