giovedì 23 gennaio 2025

Lo spaventapasseri Woke

 


La sinistra non sta vincendo. A leggere i giornali conformisti o esplicitamente di destra sembra invece di sì. 

Il quadro dipinto ha sapore vittimistico: quello di una povera destra perseguitata da una sinistra assetata di sangue.

In realtà, l’elezione di Trump è un altro segnale, e macroscopico, della vittoria di una destra mondiale, fondamentalista, razzista, nazionalista. Una destra monista che odia il pluralismo. Un destra truce che crede in una sola  forma di  diversità:  quella della razza bianca su tutte le altre.

La cosa interessante è che il politicamente corretto e soprattutto il wokismo (semplifichiamo il termine), come accadde per il fascismo, che moltiplicò iscritti e consensi, nel 1921-1922, dopo che il pericoloso rosso dell’occupazione delle fabbriche (1920) era trascorso, è usato come una specie di spaventapasseri, un manichino retorico, messo lì per tenere lontano un pericolo di fatto inesistente.

A dire il vero, la cultura woke ha origini tipicamente americane. Nasce dall’ invito rivolto alla comunità afro-americana a “restare sveglia” (dall’inglese woke, sveglio), pronta a fronteggiare la “tentazione razzista”, che negli Stati Uniti, ha odiose radici culturali. Nel resto del mondo, in particolare in Europa, il wokismo ha rappresentato una forma di difesa contro la “tentazione fascista”. Un terzo filone del wokismo è quello della battaglia contro la discriminazione di genere.

Il wokismo femminista sembra ancora reggere, ma difficile dire, di questi tempi, fino a quando. Per contro il wokismo antirazzista e antifascista pare invece essere in ritirata. L’antifascismo sembra tenere, ma solo come monitoraggio esercitato sull’ universo antisemita, altra pianta velenosa che oggi ha furbamente assunto la denominazione tattica di antisionismo.

Nonostante ciò la destra mondiale continua a evocare il pericolo wokista come un tempo il pericolo rosso. In che modo? Amplificando la pericolosità del fenomeno attraverso l’uso di una terminologia propagandistica adattata al caso: “Politiche Woke”, “Cultura della Cancellazione” e della “Distruzione delle Nazioni”, “Nuovo Puritanesimo” e così via.

Tuttavia l’antiwokismo della destra a differenza dell’anticomunismo combatte un fenomeno che oltre a non possedere lo stesso apparato teorico del marxismo, è privo di quella base geopolitica un tempo rappresentata in particolare dal comunismo sovietico. Che, dove poteva, si imponeva con la forza della armi senza fare tanti complimenti.

Il wokismo è solo un fenomeno culturale, al massimo sociale. Che può anche essere criticato, per certi eccessi. Diciamo pure che fa parte del “pacchetto welfarista”, Ma, ciò che conta alla fine, è che non si tratta dell’armata rossa, come invece evoca, con toni apocalittici, la destra.

Si pensi solo a una cosa: i carri armati russi radevano al suolo i governi liberal-democratici, mentre le “divisioni” wokiste, che Stalin avrebbe irriso come quelle di Pio XII, non hanno impedito a Trump e ad altri leader di destra, come Giorgia Meloni, ad esempio, di vincere le elezioni.

Per capirsi: se per sconfiggere il comunismo sovietico sono serviti quasi ottant’anni, per il wokismo diffusosi all’inizio del XXI secolo, la destra ha impiegato poco più di dieci anni, massimo venti. Si prenda come punto di arrivo di una reazione politica il primo mandato di Trump (2017-2021). Mentre per l’Europa l'inizio del secondo lungo mandato del leader ungherese Orbán (2010-…).

Perciò,  ripetiamo, si tratta di uno spaventapasseri retorico usato per conquistare voti, come accade per il pericolo rosso, che però, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, come detto,  aveva alle spalle  la potenza della  Russia sovietica. Decisamente superiore a quella  della nazione impoverita uscita nel 1921-1922 dalla guerra civile.

Esiste una famosa legge sociologica, che asserisce (semplifichiamo) che un pericolo diventa reale, quando gli uomini credono che sia reale.

E su questo sembra oggi giocare la destra mondiale.

Carlo Gambescia

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