Insediamento di Trump. Che c’entra il vecchio film di Mel Brooks, “The Producers”? Titolo ingannevole? Anche perché a Washington fa un freddo cane...
Il lettore deve avere pazienza. Come nostro solito la prendiamo da lontano.
Esiste il cosiddetto realista politico a breve per il quale la sopravvivenza politica è tutto.
Andreotti apparteneva a questa tipologia. Altrimenti, lui uomo di destra, non avrebbe ma accettato di governare nel lontano 1976-1978 con l’astensione dei comunisti. Per capire la differenza, Moro vedeva invece nel compromesso storico, da buon realista di lungo periodo, un progetto di trasformazione del partito comunista in forza riformista e socialdemocratica. Andreotti, realista a breve, un escamotage.
Per usare un linguaggio in parte teologico-politico, il realista a breve crede nella possibilità di addomesticare il male (Andreotti). Per contro il realista a lungo termine ritiene invece di poter convertire il male in bene ( Moro). Vinse Andreotti e il partito comunista continuò a sentirsi dalla parte giusta della storia. Quella non socialdemocratica. E ancora oggi il riformismo della sinistra stenta a decollare.
Altro esempio storico, i liberali italiani e lo stato maggiore tedesco erano convinti di potere addomesticare fascisti e nazisti. Così non fu.
E oggi in che cosa sperano i realisti a breve? Di addomesticare Trump. Si crede, che una volta al potere, Trump verrà a patti con la realtà della politica di ogni giorno, lasciandosi dolcemente cullare dalla dinamica degli interessi acquisiti.
Può essere. Però, ecco il punto, le aspettative della destra profonda americana, anche sociali e popolari, come pure della destra internazionale, depongono contro questa ipotesi. Come prova la presenza in massa dei principali leader della estrema destra mondiale alla cerimonia di insediamento. Un mondo politico dalle idee confuse, che mette insieme, neonazisti, nostalgici del fascismo, pseudo liberali autoritari, tutti uniti nell’odio verso il sistema liberal-democratico.
Cosa intendiamo dire? Che in un mondo nel quale trionfa l’estremismo politico non sarà facile arrestarsi o fare marcia indietro, per chi, come Trump, ha promesso addirittura di riprendersi Groenlandia e Canada. Oltre che di elevare una gigantesca barriera protettiva, economica e sociale, intorno agli Stati Uniti.
A questo proposito, Trump è un realista a breve o lungo termine?
Diciamo che non è classificabile. Se di realismo si tratta, il suo
potrebbe essere di tipo criminogeno, a prescindere dalle intenzioni,
buone o cattive che siano. Un realismo, diciamo, dagli effetti
disastrosi per la libertà di tutti.
Il neopresidente americano appartiene alla categoria degli uomini politici carismatici. I più pericolosi. Si pensi a Mussolini, Hitler, Stalin, per limitarsi al Novecento.
Trump fa sentire importanti i suoi interlocutori (militanti, simpatizzanti, elettori): il leader carismatico impone le mani sul capo dei suoi elettori. Dimostra una sicurezza di sé, che si tramuta in magnetica energia positiva che trasmette – qui la metaforica imposizione delle mani – ai suoi seguaci. Il che significa che il leader carismatico, una volta stregati i suoi elettori, utilizza il realismo a breve o lungo termine, come un mezzo per perseguire scopi non sempre politicamente ortodossi. Qui la natura criminogena legata alla possibile spietatezza mezzi. Legata a certo godimento nel commettere il male, tipica del realismo criminogeno. Sul punto riviamo al nostro Il grattacielo e il formichiere. Sociologia del realismo politico (Edizioni Il Foglio).
Il leader carismatico in politica è molto pericoloso. Destabilizza. E non è controllabile, dal momento che il suo carisma, proprio perché tale, per fortificarsi ( quindi durare), deve mantenere elevatissima negli “adepti” (diciamo così) la tensione politica. Di qui l’estremismo politico.
Ovviamente, anche il potere carismatico nel tempo tende a trasformarsi in routine. Ma – appunto – occorre tempo. Si pensi ai danni causati da Hitler in appena sei anni di potere (dal 1933 al 1939). Perciò nel caso di Trump, quattro anni sono più che sufficienti per destabilizzare l’intera politica mondiale.
Questo per dire che la routinizzazione ha una tempistica generazionale, che si propone ad esempio quando si confrontano le due generazioni dei “padri” e “figli” delle rivoluzioni. Da una parte i maturi depositari del valori eroici e guerrieri, dall’altra giovani che ancora non sanno bene quel che vogliono.
Alcuni osservatori sostengono, che trattandosi di un uomo di quasi ottant’anni, Trump non disporrà di grandi energie, eccetera. In realtà, una decisione dannosa, può essere presa in pochi minuti e senza grandi sforzi. Inoltre il leader carismatico, tende a identificarsi con il mondo che lo circonda, puntando sulla terribile logica egolatrica del muoia Sansone con tutti i Filistei. Si ricordi il maledicente Hitler chiuso nel Bunker.
Altri osservatori ritengono che l’anima capitalista e mercantile di Trump prevarrà. In realtà, come provano le biografie, Trump è un personaggio televisivo, che ama colpi di scena, ascolti elevati e tanti applausi. Una specie in influencer politicizzato. L’”imprenditore” Trump, se così si può dire, si è limitato a mettere il suo nome, o brand mediatico-pubblicitario, su case che non ha costruito lui. Il suo è un capitalismo che vive di rendita non di profitti. Un capitalismo che non ama il rischio, un capitalismo parassitario che si appoggia o si impadronisce del potere politico. Un non capitalismo.
Perciò politicamente parlando Trump è una mina vagante.
Ed eccoci finalmente al titolo. Si pensi allo scrittore neonazista, in “The Producers”, che vede finalmente rappresentata la sua commedia musicale su Hitler. Seduto tra gli spettatori non sta nella pelle.
E probabilmente, sebbene per la seconda volta, anche Trump sta vivendo un momento di grande frenesia, con i suoi corifei internazionali, a partire da Giorgia Meloni, minivalchiria: “Springtime for Trump and United States/ America is happy and gay/ We’re marching to a faster pace…”.
L' ego carismatico di Trump sta esplodendo.
Però come detto a Washington fa freddo. Inoltre il film di Mel Brooks era molto divertente. Rivedendolo oggi si ride ancora a crepapelle.
E quello di Trump come sarà? Si riderà o si piangerà?
Carlo Gambescia
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