lunedì 31 gennaio 2022

Mattarella e i quattro approcci all’analisi della politica

 


Oggi prendendo spunto dalla vicenda dell' elezione del Presidente della Repubblica, vorremmo parlare di quattro approcci differenti all’analisi della politica. Chiediamo scusa in anticipo al lettore per il linguaggio crudo, non proprio da erudito, ma così gli sarà più facile capire. Gli approcci sono i seguenti: del “Magna-Magna”, dell’ “Uomo della Provvidenza”, dei “Servitori di Napoleone”, della “Scienza metapolitica”.

Il primo livello, diciamo base, è quello della spiegazione all’insegna del “Magna-Magna”. E qui si potrebbe risalire ai vari partiti popolari, antioligarchici, dell’antichità greco-romana. Cioè, partiti, uomini politici, governi sono visti come popolati di ladri, che rubano i denari della brava gente, costretta a subire ogni tipo di prepotenze. Conclusione: Mattarella, sarebbe stato eletto per non tirarla troppo per le lunghe e così tornare a rubare. Grosso modo, il 90 per cento delle persone, quindi degli elettori, e non solo oggi, vede la politica attraverso il filtro del “Magna-Magna”.

Il secondo livello, che in qualche misura si riallaccia, per semplicità al primo, è quello dell’ “Uomo della Provvidenza”. Cioè, come si può notare, si riconduce l’agire politico ai vari Super Mario, Super Sergio, Super Matteo, Super Giorgia, Super Silvio, eccetera. Tutti capacissimi con un colpo di bacchetta magica di trasformare la Zucca Italia in Carrozza Italia. Conclusione: Mattarella sarebbe stato eletto, per approfittare, e per due volte, della presenza di un “Grande Uomo” al Quirinale. Larga parte di quel 90 per cento degli elettori, tende a sposare, quasi naturalmente, anche la tesi dell’Uomo della Provvidenza”.

Il terzo livello, più evoluto, rinvia, a quelli che un tempo erano i lettori dei giornali di opinione, attenti ai retroscena delle politica, a ciò che accade dietro le quinte dei palazzi politici. Ma si potrebbe risalire fino a Svetonio o ancora più indietro. Parliamo dei retroscenisti. Cioè si tende a ricondurre la politica al pettegolezzo, spesso velenoso e distruttivo. Diciamo pure che si tratta della politica vista attraverso gli occhi dei Camerieri  o “Servitori di Napoleone”. Che vedono i propri padroni, per così dire, in mutande. Conclusione: Mattarella avrebbe preso i voti di Matteo Salvini, perché quest’ultimo voleva far dispetto a Giorgia Meloni. Oppure quelli di Renzi, teso a ridicolizzare le scelte del Movimento Cinque Stelle. Spesso, molti analisti della politica, che si muovono all’interno di un 10 per cento di elettori, più evoluto, ( rispetto al 90 per cento, le masse, abbiamo detto) tendono a spiegare la politica attraverso le lenti dei “Servitori di Napoleone”.

Il quarto livello, rinvia all’ 1 per cento, forse meno. Insomma, ai pochi che studiano la politica come scienza. Parliamo dell’approccio “Metapolitico”. Cioè l’approccio dello scienziato che riflette sulla politica, tentando di andare oltre la stessa, nel senso di poter scorgere in essa ciò che vi di è costante, regolare, come comportamento politico che si ripete, a prescindere dal regime politico.
Si pensi alla preziosa divisione concettuale, schmittiana e freudiana, della politica come conflitto tra amico e nemico, conflitto storico nei contenuti, perché cambiano sempre, metastorico come forma, perché il conflitto come tale non muta mai.
Conclusione: Mattarella sarebbe stato eletto, perché rappresentante, e punto di congiunzione, di un patto corporativo-redistributivo, basato sulla difesa dell’individualismo protetto, un patto condiviso, di fatto, da tutte le forze politiche, gli “amici”, Che esclude, ovviamente, come “nemici”, tutti coloro che sono contrari al patto.
Un esempio di questo approccio è rappresentato dal nostro articolo di ieri (“Mattarella bis, i partiti e lo status quo redistributivo” *). Gli amici Carlo Pompei, Aldo La Fata, Jerónimo Molina, e “si licet parva…” (il che vale anche per noi ), studiosi come Panebianco, Sartori, Miglio e così via (da Pareto, Mosca, Michels fino a Machiavelli e Aristotele),  rientrano in questa “categoria”. Tutti analisti e pensatori che utilizzano la metodologia, della “Scienza metapolitica”.
Ovviamente, i primi tre livelli caratterizzano il discorso pubblico, perché arrivano a tutti, sono compresi da tutti, eccetera, eccetera. Il quarto livello, quello della “Scienza metapolitica” rinvia invece agli specialisti, a una élite di persone, a studiosi, spesso quasi costretti a parlare solo tra di loro.

E qui al “metapolitico” accade un fatto curioso. Il tentativo, per così dire, di “portare la scienza al popolo”, spesso viene travisato, non compreso, per varie ragioni, tra le quali ne va ravvisata una comunicativa. Se lo “scienziato metapolitico” semplifica i concetti, chi ascolta o legge si sente come preso in giro, perché come talvolta si sente ripetere, “sono cose ovvie”. Quindi lo “scienziato metapolitico” direbbe troppo poco. Se invece, non semplifica, esponendo le cose per quello che sono, quindi complesse, la gente non capisce e reputa lo scritto o la conferenza troppo complicati. Quindi lo “scienziato metapolitico” direbbe troppo. Purtroppo, si deve prenderne atto, tra ogni vero scienziato e il popolo non c’è ponte. La scienza, l’autentica scienza, non è democratica.

Che tipo di rapporto si instaura tra lo scienziato politico e l’uomo politico? Dal punto cognitivo, nessuno. Perché il politico per ragioni pratiche, di conquista e mantenimento del potere, preferisce muoversi ai primi tre livelli, alla portata degli elettori. Di qui una semplificazione del linguaggio politico, ben rappresentata da social, ma anche dai talk show politici, che sono, tutti insieme, il proseguimento con altri mezzi dei comizi di un tempo.

Per fare un esempio, di che cosa parlano questa mattina giornali, televisioni, social, la stessa gente comune? Di Mattarella descritto come una specie di Super Santo laico (tradotto: approccio “Uomo della provvidenza”, secondo livello), della rabbia di Giorgia Meloni verso Matteo Salvini o di Luigi Di Maio verso Giuseppe Conte (tradotto: approccio “Servitori di Napoleone, terzo livello), dei parlamentari, che votando Mattarella, non hanno perso stipendi e pensioni (tradotto: approccio “ Magna-Magna, primo livello).

Che in politica esistano pulsioni di natura materialistica ed egoistica, nessuno può negarlo. Tuttavia, parliamo di tre approcci ( “Magna-Magna”, “Uomo della Provvidenza”, “Servitori di Napoleone”) che in realtà   rinviano alle rappresentazioni ideologiche della politica, rivolte a facilitare i processi egemonici di conquista e mantenimento del potere.

Quindi, per capirsi: nella costante metapolitica dell’ “egemonia politica”, ritroveremo sempre, tra le altre, tre rappresentazioni ideologiche, riconducibili alla costante metapolitica del “consenso demagogico”, costante individuata e descritta fin dai tempi di Platone e  Aristotele, per limitarsi alla tradizione del pensiero politico occidentale.

I tre approcci del “Magna-Magna” dell’ “Uomo della Provvidenza”, dei “Servitori di Napoleone” rimandano al picco demagogico della politica.

E questo è esattamente il punto in cui oggi si trova l’Italia. E per alcuni addirittura l’Occidente.

Carlo Gambescia

(*) Qui il post di ieri: https://cargambesciametapolitics.altervista.org/mattarella-bis-i-partiti-e-lo-status-quo-redistributivo/.

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