martedì 11 gennaio 2022

Marcello Veneziani e il liberalismo caricaturale

 


Una volta Veneziani, si era in casa di amici comuni, mi confessò candidamente di non capire nulla di economia e di non aver letto alcun autore liberale. E che in fondo non gli importava…

In realtà, Veneziani, non capisce nulla di nulla del liberalismo come del mondo moderno. Perché è un reazionario. Sicché non si è mai sforzato di studiare seriamente la modernità e il liberalismo. Perché studiare ciò che secondo il pensiero reazionario doveva andare a fondo da solo? Un relitto, quello liberale, su cui si sarebbero puntualmente richiuse le acque di un pensiero e di una pratica antiche di millenni?

Sono quarant’anni che Veneziani scrive lo stesso articolo, lo stesso libro, che insomma dice le stesse cose: reazionarie. Da povero orfano della società gerarchica, che però, come lui stesso scrive, rimanderebbe inevitabilmente ai sacri valori di “Dio, Patria e Famiglia”… 

Perché abbiamo usato il condizionale? Per la semplice ragione che si tratta di valori, per dirla tutta, borghesi, ottocenteschi. In realtà, Veneziani neppure conosce a fondo il pensiero reazionario o tradizionalista, come lui lo chiama,

Sotto questo aspetto si potrebbe parlare della tragicomica commedia di un intellettuale ridicolo che vuole passare per serio. Forse proprio per tale ragione, Veneziani trova ascolto tra gli orecchianti che la pensano come lui e che come lui non hanno mai letto un libro di un autore liberale. 

Un mondo di dilettanti del pensiero, a parole postfascista, in cui si critica il liberalismo sulle basi dell’ opera dei pensatori antiliberali.  Un universo di  "faciloni"  che ovviamente reputa, come Veneziani, il liberalismo e la modernità una disgrazia filosofica.

Questa crassa ignoranza, individuale e ambientale, spinge Veneziani a scrivere articoli velenosi, ma comunque scontati per chi conosca gli stereotipi antiliberali del pensiero reazionario. L’ultimo è del 9 gennaio (*). In cui egli muove contro il pensiero liberale la vecchia accusa reazionaria di stare dalla parte dei più forti, quindi di non combattere i monopoli economici, politici, culturali e sanitari: di rimangiarsi nella pratica la libertà che difende in teoria. E di favorire solo le libertà di consumo e sessuali, ça va sans dire in linea con un bieco permissivismo di mercato.

Veneziani, riduce il liberalismo a una caricatura. Nella migliore delle ipotesi improvvisa. Roba da atellana, da commedia dell’arte, con i personaggi fissi, gli stereotipi, le macchiette. Provando così, ancora una volta, la totale ignoranza in materia, ridotta a una pulcinellata. Veneziani è l’Eduardo Scarpetta della destra Kali Yuga. Si leggano le sue conclusioni, in perfetta sintonia con i luoghi comuni del pensiero reazionario:

«La civiltà liberale esplode, l’aggettivo si mangia il sostantivo, liberale corrode prima la civiltà e poi si suicida in un regime di protezionismo e vigilanza globale. Restano le libertà private, biologiche, in opposizione alla natura, alla tradizione, alla civiltà: libertà nella sfera sessuale e transessuale, libertà antropologiche, morali nei comportamenti privati. Ma smuore la libertà nella sfera pubblica: libero sesso, libera droga, libera morte ma non libertà civili o politiche, impossibilità pratica di avere governi difformi dalla governance globale, divieto di alternanza e di alternativa. Non disturbare il conducente».

Ciò che Veneziani chiama il suicidio della civiltà liberale in realtà è un omicidio commesso da uomini politici e istituzioni che tutto sono eccetto che liberali.

E che cosa sono allora? Welfaristi. Alla base della crisi attuale c’è il welfarismo: l’idea di protezione sociale totale, dalla culla alla tomba, implementata, per dirla in sociologhese, dallo stato. Il welfarismo non è altro che la prosecuzione postbellica, con altri mezzi pseudo democratici, non del liberalismo ma del fascismo, del nazionalsocialismo, del comunismo, ideologie costruttiviste da sempre nemiche del liberalismo.

Il liberalismo tutto è eccetto che costruttivista: non per nulla gli si rimprovera sempre l’ideologia, anticostruttivista per eccellenza, quella della mano invisibile.

In realtà, il welfarismo non è altro che uno di quei monopoli economici che Veneziani critica, dietro il quale si nasconde il monopolio dei monopoli: lo stato. Avversato, proprio dal pensiero liberale. Quindi il welfarismo, sanitario o meno, è una cosa il liberalismo un’altra.

La radice del pensiero rivoluzionario, diceva Augusto del Noce (pensatore che Veneziani dovrebbe conoscere), è reazionaria, perché al fondo, reazionari e rivoluzionari sono antiliberali, e i reazionari, lo sono stati da subito, all’indomani della Rivoluzione francese. Detto altrimenti: prima c’è Joseph de Maistre, dopo Karl Marx. Tutti e due, però, acerrimi nemici del liberalismo.

Qui si trova la radice ideologica, per usare una parola grossa, delle critiche di Veneziani al liberalismo. Sulle cui macerie, causate non dal  liberalismo ma dai suoi nemici, Veneziani sogna da sempre di ballare . E ora crede sia arrivato, finalmente, il grande momento.

Può anche darsi. Però la colpa non è del liberalismo ma del welfarismo. Contro il quale Veneziani, antico ammiratore dello Stato-Provvidenza fascista, non inveisce. E soprattutto, si guarda bene dall’esaminarne la genealogia. Che riporta a Disraeli e Bismarck, due nemici del liberalismo. Tra l’altro ammirati da Mussolini.

Quando si dice il caso.

Carlo Gambescia

(*) Qui l’articolo: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/dove-sono-finiti-i-liberali/

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