lunedì 23 settembre 2019

Cosa c'è sotto  la campagna di "Repubblica" e  "Stampa" per la  transizione ecologica?

 Finanziamenti pubblici a pioggia….



L’attacco al   libero  mercato  non è condotto  solo dai  marxisti in compagnia di certa sinistra welfarista che si nutre di stato e fondi pubblici. Esiste una destra economica  che si è sempre appoggiata alle pubbliche istituzioni in modo parassitario.  Quella che le tasse, sempre salate,  le scarica sulle  spalle dei cittadini.  
Parliamo di una  destra economica che non è protezionista né liberista.   Lo diventa invece  di volta in volta in base al principio del minimo sforzo. Si tratta di  un mondo  nemico del rischio imprenditoriale. Si pensi, per l’Italia,  alla Fiat:  liberale con Giolitti, fascista con Mussolini, democristiana con De Gasperi, catto-comunista  negli anni  dei governi di solidarietà nazionale,  eccetera, eccetera,  per poi tornare liberista, ma sempre a corrente alternata, dagli anni Ottanta ai nostri giorni.   

Pensiamo - certo,  semplificando  -  di aver reso l’idea.
La stessa argomentazione si può estendere alle altre imprese italiane, in particolare quelle intrecciate ai media come l’attuale  Gruppo  Editoriale L' Espresso (oggi GEDI), proprietario  di “Stampa” e  “Repubblica” e di altre testate, cartacee, televisive,  radiofoniche e digitali. 
Dove vogliamo andare a parare? Semplicissimo. Il mondo imprenditoriale, o meglio certa imprenditoria  che non crede nel mercato fino in fondo e che spera nei  contributi pubblici,  ha scorto  nella cosiddetta  “battaglia per la difesa del pianeta” un nuovo ricco  business per ricevere denari dallo stato.
In realtà,  l’enfasi sulla  “grande transizione” all’ “economia verde” - si veda la copertina monotematica della “Stampa” di oggi, per inciso ieri su “Repubblica” c’era un editoriale di Al Gore -  copre la volontà, neppure tanto nascosta, di favorire   la creazione, da parte dei poteri pubblici  di una bella  tavola apparecchiata, alla quale accomodarsi   per poter  banchettare  a spese di cittadini e imprese per così dire pro-mercato. Pensiamo in particolare  alle aziende, spesso  microscopiche,  che  credono nel mercato e contestano le  pseudo-teorie ecologiche, perché produttive solo di vincoli e balzelli.  E che invece per ragioni dimensionali  non hanno alcuna voce in capitolo.
Qual è il punto ?  A parte l’impossibilità di poter  favorire, come si legge, in pochi anni ( ammesso e non concesso, eccetera, eccetera) un processo del genere,  quel che  rimarrà  di questa campagna disinformativa  sarà una stretta fiscale dalle dimensioni paurose. E in prospettiva, grazie anche a una falsa logica emergenziale, pompata ad arte,  un mostruoso accentramento dei  poteri pubblici.

In qualche misura le imprese con forti propaggini mediatiche, come il  Gruppo L' Espresso,  continuano la guerra del marxismo al capitalismo con altri mezzi: quelli delle sovvenzioni e  delle esenzioni. Modalità, assai scorrette  che invece di favorire la parificazione di rischi e regole tra le imprese,  facilitano  la nascita di colossi monopolistici,  antieconomici e  parassitari.  Macrostrutture, tra l’altro molto burocratizzate,  che, come  ben preconizzò Schumpeter,  possono uccidere il libero mercato e favorire il peggiore  capitalismo di stato. Non proprio alla cinese ma abbastanza vicino.
È in atto una  vera  lotta  concentrica contro il libero mercato, un sistema, si badi,  che non è qualcosa di definitivo, assoluto, statico. Il libero mercato è un meccanismo processuale, storico, dinamico che impone negli imprenditori  il  gusto del rischio. E non l’accomodarsi davanti alla mangiatoia statale.
Una lotta contro il libero mercato,  dicevamo, che vede, divisi ma uniti nel colpire,  da un parte il capitalismo straccione teso a vivere di fondi pubblici, e dall’altra la sinistra rossa e verde, barricadera, da sempre nemica del capitalismo tout court.  Alla quale ultimamente si sono aggiunti i populisti, che promettono addirittura la quadratura del cerchio: la miracolosa  transizione senza tasse per i cittadini. Una balla colossale.    
Buona settimana a tutti.

Carlo Gambescia