martedì 10 settembre 2019

Bloccati gli account  Facebook e Instagram di CasaPound
Un’occasione per riflettere...




 “Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram”.




Così  all’ANSA un portavoce di Facebook sulla chiusura degli account di CasaPound.  Cosa dire?

A chi scrive,   più di una decina di anni fa,  forse quindici, capitò più di una volta   di  essere  invitato  a  presentare i suoi libri nella sede romana di CasaPound. Ricordo una bellissima terrazza sulla Capitale,  giovani educati,  attenti,  disponibili. Come del resto i dirigenti.  In particolare rimasi colpito  - non perché non me lo aspettassi -  dall' intelligenza e cultura  di alcuni di loro. Ricordo in particolare Gabriele Adinolfi,  mente assai lucida.

Rammento che all’epoca firmai un manifesto, perché  fosse permessa una manifestazione politica  inopinatamente vietata. 


Certo, si respirava nell’aria  la cultura della “tentazione   fascista”. Si apprezzava quel mondo intellettuale della prima metà del Novecento che scorse nel fascismo la realizzazione di una aristocratica rivoluzione antiliberale e anticapitalista. Però, a dire il vero,  sulla bella terrazza a due passi dalla Stazione Termini, non si respiravano    tossine razziste. Ricordo, si discuteva di “interesse nazionale” in  modo molto civile.   

Che cosa sia successo dopo, non saprei dirlo.  Probabilmente la  decisione  di passare alla politica attiva, giocando la carta del potere, non ha giovato  alla continuazione dell’approfondimento metapolitico. Purtroppo,  dall’ analisi dei concetti politici  si è passati alla denuncia razzista.  Forse  per catturare voti.


In qualche misura, CasaPound da interessante e aristocratico laboratorio intellettuale  si è trasformata in micro-partito, non neofascista come spesso si legge, ma volgarmente  populista.  Una specie di percorso a ritroso, o del gambero:  dal fascismo immaginario al populismo reale.   Con manifestazioni,  picchetti e slogan quasi sempre dai  triviali contenuti  razzisti.

Ha fatto bene Facebook  a chiudere gli account? L’odio razziale, non è fascista, non  è socialista, non è comunista, non è democristiano,  non è liberale,   non è niente,  però  sul piano della pericolosità sociale è tutto. Perché è solo odio puro.  
Il populismo, una specie di scatolone vuoto,  è pericoloso proprio per tale motivo:  per un’ inclinazione trasversale all'odio, all' amare il simile e odiare il diverso. Si tratta di un meccanismo elementare, pre-politico, che però  reintroduce nel discorso pubblico l’odio razziale come risorsa politica, avvelenandolo.  Può sembrare una battuta, ma un populista mai canterebbe faccetta nera… E soprattutto nulla capirebbe dei magnifici versi di Ezra Pound.  


Perciò il razzismo populista va contrastato, con ogni mezzo. Perché, in un paese civile, l’odio razziale  deve restare  fuori dal discorso pubblico.     

Ecco, la chiusura degli account potrebbe essere per CasaPound  un’occasione per riflettere ed  emendarsi,   per  tornare alle origini, allo  spirito di dieci, quindici anni fa: lo spirito, culturalmente aristocratico,  che animava quei vivaci appuntamenti culturali su una bellissima terrazza romana.          



Carlo Gambescia