sabato 21 settembre 2019

Un argine liberale contro la demagogia imperante
Ma come? 
"Con questa faccia da straniero…"


Oggi sul “Messaggero”  Luca Ricolfi  parla della  necessità di un argine liberale alla demagogia imperante. Nell’editoriale si accenna al possibile consenso elettorale, tra  il dieci e il venti  per cento. Non poco.
Ma, di preciso,  argine contro che cosa?  Chi  ne voglia sapere di più,  compri “Il Messaggero” e legga.  Forse però  rimarrà deluso. 
Per quel che ci riguarda crediamo che gli  avversari principali, di un auspicabile partito liberale, siano rappresentati, politicamente parlando, dalla destra  nazionalista e razzista,  dagli esagitati  balilla  verdi  e  dal piagnucoloso welfarismo populista, sposato con gaiezza  anche dalla sinistra.  
Ciò che li accomuna è lo statalismo, e ancora di più il costruttivismo, ossia una visione che può essere riassunta da  slogan come “Salviamo il  pianeta” (verdi),  “Più uguaglianza” (populisti e sinistra),  “Fuori  gli stranieri” (destra razzista).
Ovviamente abbiamo semplificato. Ma  dietro le parole d'ordine si nasconde la stessa visione ( e visione rimanda a visionario) della realtà come qualcosa che si possa costruire e ricostruire, secondo disegni precisi implementati dall’alto, con la “scusa” di sapere alla perfezione  ciò che sia bene per ogni singolo cittadino.  E come  vi si riesce? Moltiplicando i poteri dello  stato, quindi accrescendo controlli, tasse e il numero delle leggi capaci di  limitare la circolazione di uomini e merci. 
Si tratta di un disegno contrario alla concezione liberale della vita, concezione che invece scorge nello stato non la soluzione ma il problema, per dirla con un economista famoso.  
Qualche esempio di mentalità costruttivista.

Prodi ieri ha rilasciato un’intervista a “Repubblica” dove parla  della necessità di recuperare 100 miliardi di euro di evasione fiscale per poterli investire - semplifichiamo  -  socialmente.  In realtà,  l’evasione fiscale è una forma di autodifesa dall’oppressione  tributaria.  E ammesso e non concesso che i calcoli siano giusti ( sulla quantità di tasse evase, cosa tutta da provare, perché ogni statistico fornisce  le "sue" cifre),  e che  gli investimenti pubblici creino posti di lavoro (altra cosa,  tutta da dimostrare e per le stesse regioni statistiche),  l’unico vero  modo per combattere l’evasione fiscale è  la riduzione delle tasse stesse (come provano gli studi in materia, e non le statistiche su ordinazione).  E  giammai  lo Stato di Polizia Fiscale. Che  invece rischia di causare  la distruzione di ogni specie  economia in chiaro e in nero.  E la conseguente  fine di ogni forma di diritto di  libertà, a partire dal diritto di proprietà.
Altro esempio di costruttivismo. I cosiddetti “balilla” dell’ambiente (perché la  loro mentalità,  sociologicamente parlando,  è la stessa della  gioventù fascista,  hitleriana, comunista),  ieri hanno festeggiato con grande rilievo mediatico ( e la cosa durerà una settimana, pare) la giornata per la salvezza e difesa del pianeta. Quel che spaventa  di  queste manifestazioni, oltre all’infondatezza scientifica o quantomeno  alla natura controversa delle teorie ecologiste,   è  l’incoscienza  dei più verso il rischio di   fornire argomenti per lo sviluppo di uno  Stato di Polizia Ambientale. Che fa il paio con lo Stato di Polizia Fiscale  suggerito da Prodi e  -  quando si dice il caso - condiviso da verdi, populisti e destra razzista.   
Purtroppo,  c'è  un problema di fondo. Quale?  Che  l’elettorato dell’Occidente sembra ormai governato da una specie di fame di obbedienza, o peggio ancora di vera e propria servitù.  Fattori  come  l’ odio verso la proprietà e  il merito,  come la paura irrazionale verso l’altro, come la sopravvalutazione degli pseudo-pericoli ambientali facilitano la marcia dei nemici della libertà.  

Si pensi solo alla  differenza  che sussiste  tra la forma mentis  di  corsari, marinai, soldati, imprenditori, uomini d’affari,  inventori, scienziati, leader politici, quel  pugno di uomini che nei secoli scorsi conquistò il mondo in nome dei valori di libertà,  e la mentalità delle piagnucolose  masse elettorali di oggi  che votano i  nuovi barbari  populisti, ambientalisti e razzisti nella speranza  di mantenere inalterato il proprio tenore di vita,   rinunciando persino alla libertà.  
Ora, se esiste effettivamente,  come scrive Ridolfi,   un venti per cento di elettori che crede ancora nei valori che fecero grande l’Occidente,  varrebbe la pena di tentare.   Ma dove trovare  un leader che sia  un vero liberale?   Per così dire, all’antica?
Un grande leader liberale, capace di credere e rappresentare quei valori incarnati  da   corsari, marinai,  soldati, imprenditori, uomini d’affari,  inventori, scienziati. Un  pugno di uomini, inizialmente mal giudicati dalla società del tempo, dei non conformisti liquidati come pericolosi estranei. E invece...
Per dirla con i versi di Georges  Moustaki, serve un leader liberale  “con una faccia da straniero,/  che è soltanto  un uomo vero,/  con gli occhi chiari come il  mare,/ capace solo di sognare,/ metà pirata, metà artista,/ un vagabondo musicista che ruba quasi quanto dà”…        

Carlo Gambescia