domenica 27 gennaio 2019

Giornata della Memoria
Quelli che “la Shoah sì, ma bisogna condannare tutti i totalitarismi”



In Italia i cedimenti della sinistra azionista, potentissima nel mondo mediatico e culturale, verso il partito comunista, ben documentati da Galli della Loggia, hanno permesso, tra gli anni Sessanta e Novanta del Novecento (ma tuttora persistono sacche di conformismo), di trasformare l’antitotalitarismo, tipico di una cultura liberale, in anticomunismo e di riflesso in filofascismo.
Sicché, particolarmente in quel periodo,  chiunque osasse collegare il  comunismo al totalitarismo veniva subito liquidato come fascista.  Anche se liberale.

Detto questo, per ragioni di onestà politica e culturale, perché tirare in ballo il totalitarismo “rosso e nero”  nella Giornata della Memoria,?  Un giorno che rinvia alla Shoah,  al genocidio nazista degli ebrei?  Un evento unico nel suo genere per il disumano retroterra culturale  e per  le iper-razionali tecniche organizzative? Due esempi, Salvini e Veneziani. Il primo dice di  onorare  la Shoah,  ma aggiunge  di voler   onorare “TUTTE LE VITTIME, di tutti i regimi rossi e neri” (si noti il maiuscolo, sul web simbolo del gridato).  Il secondo “piange per la Shoah”  ma “dice no al monopolio della memoria”.  
Salvini  è uno che nella vita  si comporta da fascista. Veneziani,  proviene dal neofascismo, e ne parla tuttora  la lingua di legno.  Cosa pensare?  Che si comportano come quelli che affermano “io non sono razzista, ma…”.  Tradotto: “io condanno la Shoah, ma i comunisti, proprio come i fascisti,  non li voglio in casa”.
Il che,  se lo dicesse  un liberale, ovviamente non nella Giornata della Memoria,  che, come ricordato, ha  un suo carattere di unicità, a cominciare dalla ricorrenza giustamente  “dedicata”,   potrebbe avere un senso. Ma  (è il nostro turno)  qui pontificano  un razzista, almeno secondo la magistratura,  e un celebrante di  Evola,  pensatore non banale, ma principale teorico del razzismo fascista.  
Per essere chiari. Anche Nolte sosteneva, e con una cultura storica straordinaria,  la tesi del totalitarismo rosso e nero, ma era liberale. Quindi con un Dna  al di sopra di ogni sospetto. Invece, Salvini è un razzista, Veneziani nella migliore delle ipotesi un criptofascista. 
La cosa maleodora di opportunismo politico al quadrato. Salvini e Veneziani usano la Giornata della Memoria come  ricerca del  capro  espiatorio politico.   E  trattano  gli ebrei  come un mezzo per attaccare e saldare i conti, con  ciò che resta della cultura azionista-comunista: la cosiddetta sinistra al caviale, come adesso impongono le denominazioni racchiuse nel  Nuovo Vocabolario del  Politicamente Corretto di Destra.
Ora, se  la Shoah diventa un mezzo e non un fine, che differenza culturale  c’è tra  Hitler, Salvini e Veneziani?      

Carlo Gambescia