martedì 22 gennaio 2019

Di Maio, Macron e il “Franco coloniale”
Ma quale fact checking…





Prendete quattro imbecilli, sfaticati e presuntuosi, che chattano sui Social in pigiama tutto il giorno,  con alle spalle un liceo o un istituto tecnico a fondo perduto, qualche esame universitario facile facile,  o addirittura una laurea  strappata a colpi di diciotto, e avrete la classe dirigente pentastellata.  Quella  che ora è  in  Parlamento e al Governo.

Quindi perché meravigliarsi delle scemenze enunciate sistematicamente da  Di Maio, Di Battista e accoliti ?  Da ultima quella sul  “Franco coloniale”, evocato in chiave complottista… Però, attenzione c’è anche di peggio,  come ad esempio, la Meloni  che  ha rilanciato, ribadendo il copyright sulle macro-stronzate (pardon) terzomondiste. 
Così siamo messi.  Il punto è che, dal momento che in politica, ogni azione  provoca una reazione (e così via), una cosa è porre problemi veri  e inalberarsi, se e quando occorre, su questioni reali, un’altra è crearli  senza alcuna vera ragione politica, se non quella, come avviene sui Social, di spararla più grossa, fino a prova contraria, come spesso si legge.  Prova contraria  che però non arriva e non arriverà mai. Per quale ragione? Perché,  una caratteristica del “Pensiero Social” è l’autoreferenzialità,  a ogni costo, al punto di  sostenere, paradosso dopo paradosso,  persino l’idea che la Terra sia piatta.  Però  la cosa si fa  più  grave quando  la macro-stronzata  finisce nell'agenda politica di una nazione, perché  il  discorso pubblico si avvita su se stesso. Ad esempio, il  cosiddetto fact checking, ora adottato anche dalla carta stampata,  che, ovviamente, in un attimo ha smontato le stupidaggini sul “Franco coloniale”, rinvia però alle  tecniche di  argomentazione social destinate inevitabilmente ad avvitarsi  su se stesse, perché, al primo fact checking, se ne oppone subito un altro e così via, lungo un percorso a spirale che, privilegia al capire il credere. Il che ricorda, come tecnica argomentativa, il metodo della teologia medievale, raffinatissimo,  ma   teso  a studiare gli attributi di  dio.

Che cosa vogliamo dire? Che il veleno  non è nel fact cheking  in sé,  che per certi aspetti, seppure blandamente,  rinvia alla logica della scoperta scientifica  e al principio di fallibilità, ma all’ambito stesso  della discussione:  alla sua premessa,  che nel XIII secolo  era l’eternità  di dio, nel XXI l’eternità del colonialismo. Se la premessa, non è vera né falsa, l’esito dell’argomentazione sarà indeterminato.    
Il colonialismo,  non è vero né falso:  esistono però  rapporti di forza, politica, economica e sociale, costanti o regolarità metapolitiche che si riproducono a ogni livello. E questi rapporti  -  e non il colonialismo dei terzomondisti a Cinque Stelle-  sono immutabili, ma nel tempo storico e sociologico, assumendo forme ricorrenti. Di conseguenza,  se  gli africani, che i pentastellati e perfino Salvini, come dicono,  vogliono proteggere, si sviluppassero al nostro livello, o addirittura ci superassero, si trasformerebbero loro nei nostri colonialisti. Del resto, la guerra non dichiarata alla Francia, che tanto piace a Di Maio e Salvini  non è altro che un portato del sovranismo, che non è  che una forma di conflittualismo, antico quanto l’uomo e la società,  che rinvia, per il Novecento, al  nazionalismo, altrettanto  imperialista e colonialista.
Ora, credere, come Di Maio e Salvini, che ognuno potrebbe vivere in pace a casa propria, è di una ingenuità veramente sconcertante,  che ci riporta alle discussioni medievali  sugli attributi  di dio,  discussioni  altrettanto ingenue.  Però, non fino al punto di non uccidersi e massacrarsi a vicenda per una certa idea di dio.
E la stessa cosa vale per il colonialismo. Non esistono due nazionalismi, uno buono (il sovranismo) e uno cattivo (il colonialismo). Ma  un solo nazionalismo che inevitabilmente è colonialista e imperialista. Sicché,  accusando gli altri di colonialismo, è come  se ci si guardasse alla specchio del conflittualismo, che è antico quanto l’uomo. Come del resto - si faccia  attenzione -  la cooperazione e  l'inclusione  nelle  varie forme politiche, economiche e sociali. Ma il sovranismo, privilegia il conflittualismo. O se si preferisce,  un conflittualismo romanzato  a fin di bene che porterà alla pace universale del  ciascuno  a casa sua:  l'ideale del ragioniere del quarto piano, o se si preferisce, la filosofia da  condominio perfetto.  Peccato che gli storici del Novecento non siano d'accordo.      
Del resto,  che cosa sta facendo l’Italia in Libia?  La cessione di motovedette, i soldi sotto banco, il via vai dei servizi segreti, le pressioni  neppure tanto scoperte  che cosa sono?  Intrusioni politiche  nelle vicende di un' altra nazione: neocolonialismo.
Pertanto sollevare questioni  contro la Francia, -  ammesso e non concesso, eccetera, eccetera -  significa darsi, come il famigerato contadino, la zappa sui piedi.   Detto altrimenti:  creare problemi che non esistono, favorire  un approccio irrealistico alla politica, lavorare per l’isolamento europeo e  internazionale dell’Italia. 
Una catastrofe. E per quali ragioni?  Perché quattro scemi, senza arte né parte, hanno agguantato il  potere. Grazie a elettori più imbecilli di loro che pigramente (perché la libertà è responsabilità e fatica),  al capire preferiscono il credere.  Ma anche a causa della  codardia di una classe dirigente, che ha accettato -  semplificando -  di  tornare a  ragionare degli  attributi di dio. Ai quale ovviamente, si applica il  fact checking… 

Carlo Gambescia