lunedì 21 gennaio 2019

 Carlo Nordio e la deriva razzista dei moderati italiani


Sono un moderato e un liberale, come del resto i lettori sanno.  In qualche misura, su questioni come il diritto di proprietà, l’economia di mercato, la libertà  di impresa,  il suffragio ristretto, la democrazia parlamentare,  il ruolo ridotto dello stato alle tre funzioni smithiane, salvo nei momenti di emergenza (come una guerra ad esempio),  potrei definirmi  un liberale conservatore nel senso ottocentesco del termine.  
Ora, come conservatore  e liberale, provo vergogna  per l’editoriale di Carlo Nordio, già magistrato, definito di destra.   Dove praticamente si spacca il capello in  quattro pur  di assolvere la linea  omicida di Salvini sugli immigrati  e favorire la continuità politica del peggiore governo della Repubblica, dalla sua proclamazione ad oggi.  L’articolo è uscito  sul “Messaggero”,  giornale, da sempre governativo,  e che in qualche modo  incarna l’anima  di un lettore moderato e conservatore (*).
Anche in modo sconsiderato. Perché essere moderati e conservatori, non significa tramutarsi in razzisti o avventuristi. L’ordine e  la legge sono importanti, ma non fino al punto  di rinunciare a qualsiasi principio di umanità. O, ancora peggio, di coprire questa rinuncia, come fa Nordio, che pure dovrebbe essere uomo lucido e colto,  scaricando  le  colpe  sugli scafisti,  sulla  Libia,  sull’ Europa.  Nonché,  cosa inconcepibile per un ex  magistrato  (ma non del tutto, se italiano), alimentando,  seppure in modo velato, l’idea di un congiura contro l’Italia.
Va inoltre osservato  che questo approccio condiscendente, se non addirittura complice verso  un  “Governo  che non deve cedere ai ricatti” dei libici, dell’Ue, degli scafisti,  sembra  essere  condiviso da larga parte della stampa, anche a grande tiratura.  Pertanto,  in qualche misura,  l’editoriale di Nordio è rappresentativo  dello spostamento della pubblica opinione  verso la  destra razzista.   Al quale  pare accompagnarsi quello dell’elettorato moderato e conservatore,  che  da  marzo plaude, con entusiasmo crescente, ad argomentazioni degne del KKK  e ai  triti luoghi comuni del populismo sudamericano.
Ovviamente,  neppure  mi piace la  compagnia di una sinistra  melensa e lamentosa  che attacca  il Governo giallo-verde, da posizioni  altrettanto populiste,  posizioni  che non  condivido per  nulla. Le mie simpatie, eventualmente, vanno  a Minniti, ex Ministro dell'Interno,  uomo del fare.  Però, alla sinistra, pur da  conservatore liberale,  mi lega in questo momento  la condivisione di quel principio di umanità, che la destra razzista,  con la complicità dei populisti pentastellati,   nega  con una protervia che ricorda quella dei nazisti.  Il realismo politico, privo di limiti, dettati appunto da un principio condiviso di umanità a destra come a sinistra,  tramuta  un governo, anche eletto, in una banda di briganti.      
In questo frangente, che impone di essere o  di qua o di là, perché sono in gioco i principi minimi della convivenza umana,  gli   editoriali  alla  Nordio  provano tristemente  che   l’Italia  ha  dimenticato la lezione del 1945 e ancora prima del 1922.  Altro che italiani "brava gente"... Errare è umano, perseverare diabolico.
Oggi,  ancora prima che la libertà,  è in gioco l’umanità, come sentimento di solidarietà umana, di comprensione e indulgenza verso gli altri.  E l’umanità,  in questo senso,  "val  bene una messa" anche con  Roberto  Saviano.  E pure con  Laura Boldrini. 

Carlo Gambescia