venerdì 7 dicembre 2018

Riflessioni
La verità sulle tasse




L’uso  leva fiscale da parte del potere politico si perde nella notte dei tempi. Però uno dei principi fondamentali della libertà dei  moderni, che grosso modo risale, concettualmente, alle rivoluzioni democratiche (britanniche,  americana e  francese), rimanda al no taxation without  representation dei coloni americani ribellatisi alla corona  inglese. In sintesi: nuove  tasse possono essere approvate solo con il voto del popolo, o comunque dei suoi rappresentanti, liberamente eletti.
Si tratta di un principio liberal-democratico  che non ha precedenti nella storia e probabilmente  proprio per questa ragione  è  tuttora  inviso ai governanti, da sempre affamati di denaro pubblico, ieri per fare le guerre,  oggi per costruire il consenso, senza troppi morti e mutilati. 
Infatti, le democrazie welfariste  sulle tasse e sul meccanismo del do ut des con i diversi gruppi sociali  hanno costruito la loro fortuna politica.  Due, i  principi-base propugnati  per favorire l’obbedienza sociale  : 1) attraverso le  tasse si proteggono socialmente i cittadini; 2) attraverso le tasse  si toglie al ricco per dare al povero.
Il punto però  è che la crescita della pressione tributaria, se non supportata da una crescita, pari se non superiore del Pil (per semplificare), si risolve nell’impoverimento generale o nella distruzione delle classi produttive ed economicamente creative.  Certo, si possono  anche  recuperare  con la frusta tutti i mancati introiti da evasione fiscale, ma se un’economia non cresce, non cresce… E perciò  non resta altro che la divisione sociale  della triplice fame e della triplice miseria.
Purtroppo, il principio dell’approvazione delle nuove tasse da parte del popolo è  stato aggirato attraverso la sostituzione degli  ideali liberali di uno  stato  con funzioni  ridotte  con quelli socialisti dello stato provvidenza. Al principio della rappresentazione si è sostituito quello della protezione da ogni tipo di rischio. Pertanto il principio difeso dai coloni americano è mutato così:  more taxation, more protection.
Si capisce benissimo, come, sotto questo aspetto,  ogni tentativo di protesta fiscale, venga oggi visto e giudicato dal potere  un atto eversivo  - attenzione -  di un ordine sociale e politico rivolto alla protezione totale  del cittadino: quindi per il suo bene (del cittadino).  Chiunque invochi  il principio della representation è subito liquidato come  incivile:  un asociale   che non capisce i fondamenti “morali” del more protection. E qui va spiegato un fatto politicamente curioso.
I cittadini si sono talmente immedesimati nella parte in commedia, che, se e quando protestano, evocano, al tempo stesso,   meno tasse e  più protezione sociale. Il che è impossibile,  come detto,  se non cresce il Pil. E perché il Pil cresca, è necessario che una parte,  delle risorse produttive,  sia  sottratta al fisco. Il che  avviene o  in modo legale, attraverso la riduzione della pressione fiscale, o illegale attraverso l’evasione fiscale, che di regola però vede volatilizzarsi i capitali  verso altri lidi più remunerativi.  Come è normale che sia, dal momento che, piaccia o meno,  la verità economica si vendica sempre.
Il punto però  è che resta difficile tornare indietro politicamente.  E quindi ridurre la pressione fiscale. Per quale ragione?  Perché, per  chi gestisce i fondi pubblici sarebbe come tagliare le radici dell’albero sul quale è  comodamente seduto.  Sicché, nessun politico  ha  voglia  né  coraggio di spiegare  in modo chiaro  ai cittadini che protezione sociale e pressione tributaria crescono di pari passo.   
Ovviamente, la politica  si auto-giustifica, o evocando  capri espiatori: l’evasore, il banchiere, il miliardario,  tutte persone, bollate come egoiste che, secondo la vulgata welfarista,  si sottraggono al more protection.  Oppure, si salva in corner,  aumentando a dismisura  il debito  pubblico, pur di mantenere   a galla,  una specie di titanic welfarista, comunque destinato a sprofondare nei debiti e nel fiscalismo. 
Allora qual è la verità sulle tasse?  Che in Italia, gli unici che, negli  ultimi venticinque anni,  hanno tentato timidamente di prendere posizione al  riguardo, opponendosi all'andazzo, sono stati i professori di Monti.  Quasi tutti processati in piazza.

Carlo Gambescia