sabato 29 dicembre 2018

I gravi incidenti di  San Siro
Il tifo calcistico, tra  hobbismo e passionalismo sportivo




Ci piacerebbe conoscere  provenienza e condizione sociale di coloro che allo stadio intonano cori razzisti e poi si scontrano violentemente tra di loro…  Domanda retorica. Perché si sa che il tifo violento  pesca i suoi adepti tra i disadattati sociali.  In genere - parliamo dei più pericolosi -  persone schedate o note alla polizia. Che, quindi potrebbero, essere messe, senza troppi problemi in condizioni di non nuocere. O quanto meno  di non influenzare, con messaggi violenti, altri disadattati  meno inclini al passaggio all’atto. 
Il tifo calcistico estremo si è  sviluppato come un’ escrescenza velenosa, sulla già cattiva pianta del romanticismo sportivo.  Per certi aspetti è stato tollerato se non incoraggiato  dalle stesse società calcistiche per ragioni organizzative  e di proselitismo. Del resto,  come in altri territori del sociale, anche nel calcio esistono  “tradizioni inventate”,  che a prescindere dal fondamento,  vengono credute e ritenute vere.  Di qui, due modalità interpretative  del fatto sportivo:  quella  dell’  hobbismo  calcistico, che implica però la presa di distanza dal fenomeno (“È solo calcio, c’è tutto un mondo intorno”); quella del passionalismo calcistico (“Senza la mia squadra, non potrei vivere”) che, nel caso  di soggetti disadattati,  accresce, e di molto,   il  rischio  di  devianza.
Di conseguenza,  sul piano mediatico  andrebbe incoraggiato l’hobbismo calcistico, evitando di enfatizzare  il passionalismo.   Il che,  però, stando a quel che si vede e si sente, sembra risultare quasi impossibile.  Probabilmente, sul  mondo del calcio, e su  tutto quello che vi ruota intorno, influisce, nel bene come nel male,  la qualità del discorso pubblico, assai peggiorata negli ultimi venticinque anni (non solo in Italia). Sicché, anche  il crescente razzismo, che sembra circolare tra gli strati sociali meno  acculturati e istruiti,  non può non svolgere la sua parte, soprattutto, tra i disadattati, predisposti all’atto. Ci si chiederà  come mai, ciò  accada  nel calcio e non in altri sport.  Probabilmente, il coefficiente di bellicosità civile dipende dai livelli  di popolarità e comprensione sociale delle regole di una disciplina sportiva.  Ma influiscono anche le divisioni tra subculture localistiche. Massime in Italia.       
In  qualche misura, tuttavia,  tra tifo violento e tasso di populismo sociale e politico potrebbe esservci una relazione, non in termini di causa-effetto, ma  sicuramente  concausale.
Di conseguenza, perché meravigliarsi di un Matteo Salvini, populista e  Vice Presidente del Consiglio, che rifiuta di condannare  il  passionalismo sportivo?

Carlo Gambescia