mercoledì 19 dicembre 2018

Più vicino l’accordo con Bruxelles?
L’Europa geniale

La passata estate si è molto discusso sulla possibilità di civilizzare i “barbari populisti”. Chi era per il sì, come Galli della Loggia, chi per il no, come Panebianco.
Chi scrive ha sempre indicato - e continua a  indicare  -  in questo governo, e nei populisti in generale,  un pericolo per la democrazia liberale.  Tuttavia,  l’Italia è una cosa,  la Polonia e l’Ungheria un’altra. Parliamo di  nazioni, queste ultime, da sempre governate in modo autoritario e perciò estranee alle tradizioni della democrazia parlamentare e liberale.   Subire  il tallone comunista e  fascista non attribuisce alcuna patente postuma di liberalismo.  
L’Italia invece ha ben altre tradizioni.  Pur, se in modo imperfetto,  il nostro Paese può vantare una cospicua eredità liberale. Il fascismo, resta comunque, una parentesi,  disastrosa, ma parentesi. Poiché la storia ha un suo peso, il riformismo liberale italiano, espressosi attraverso uomini come Cavour, Giolitti, Turati,  De Gasperi, e su scala minore e con sfumature politiche spesso assai differenti, Nenni, Fanfani,  Moro, Craxi e Andreotti, può facilmente spiegare l’atteggiamento piuttosto cauto di Tria e Conte, ovviamente incoraggiato, seppure nell’ombra (ma neppure tanto, stando ai retroscenisti) da Luigi  Di Maio e Matteo  Salvini:  una scelta   che sta portando all’ accordo sul bilancio con l’Europa.  Vedremo,  cosa accadrà  nei prossimi giorni.
In realtà,   quel che emerge  -  la "ciccia" insomma,   al di là dei retroscena -  è   la superiorità del metodo  liberale della negoziazione.  Il fattore discutidore, da sempre criticato dai nemici del liberalismo, rivela tutta la genialità dell’Ue.  Ciò che, storicamente e sociologicamente, la distingue. Insomma,  l' Europa resta la nostra amica geniale, per usare una terminologia letterario-televisiva  alla moda.
Per quale ragione?  Perché, nonostante  il linguaggio truculento di Salvini e Di Maio,  l’Unione Europea, non ha mai perso la calma, e una volta giunta al nocciolo delle trattative concrete ha confermato   tutta la forza tranquilla  della democrazia liberale.  Certo, anche i  “barbari populisti” hanno fatto alcuni passi indietro:  segno che il metodo, non è solo forma ma sostanza,  quindi   prudenza  (contagiosa) che può aiutare a cogliere  la lezione, come scrivevamo qualche giorno fa, della forza di gravità della politica (*).  
Per ora, si è accettata  la revisione al ribasso del rapporto fra deficit e Pil nominale, dal 2,4% al 2,04%.  Resta da vedere cosa accadrà dell’ aggiustamento del deficit strutturale,  che invece  non prende in considerazione i provvedimenti una tantum al netto dell’andamento del ciclo economico. Anche qui, nei prossimi giorni, scopriremo cosa bolle in pentola.
Ovviamente, resta in piedi, inalterata, in tutta la sua natura, ideologicamente strampalata, quanto meno a uso propagadistico,  la politica economica  giallo-verde: una vagonata di pericolose fregnacce (pardon) che  oltre a non produrre occupazione rischia di appesantire il debito pubblico italiano in un contesto di bassa crescita economica.
A onor del vero, va sottolineato che i mercati,   quelli che secondo la retorica populista e sovranista  “comandano in casa nostra”, non  hanno mostrato impazienza:  lo spread, seppure alto, non ha infierito  sul  mercato del debito pubblico italiano.   
Per tornare alla questione della civilizzazione dei “barbari populisti”,  diciamo che l’Europa, mostrando una intelligente pazienza,  sembra  puntare alla socialdemocratizzazione  dei populisti italiani, e probabilmente del populismo  in generale (si veda  l’atteggiamento paziente verso i gilet gialli, anche di Macron).   Lo stesso discorso di Draghi a Pisa, fitto di richiami alla "questione dell’equità sociale"  si muove nella stessa direzione.  Il potente Presidente della Banca Centrale Europea,  detto per inciso,  alla fin fine,  ragiona politicamente come Visco, Vincenzo, ex Ministro delle finanze ulivista con Prodi e D’Alema.  Non dunque  come l'altro Visco,  Ignazio,  attuale Governatore  della Banca d’Italia, tecnocrate puro.
Il riformismo, è uno dei due volti della democrazia liberale, l’altro  è quello,  se ci si perdona la ripetizione,  liberale. Ripetiamo: la forza tranquilla dell’Europa è rappresentata dal tentativo di ricondurre, mostrando flessibilità nelle trattative, i  “barbari populisti” nell’alveo, semplificando, socialdemocratico.  Riuscirà?   Molto dipende dalla natura profonda degli stessi barbari. Vedremo,  nei prossimi giorni.
Chi, infine,  prova di non avere capito nulla,  anzi, di continuare a non capire nulla di riformismo e liberalismo,  è l'ineffabile Silvio Berlusconi, che pur di raccattare voti all’estrema destra ha subito rinfacciato la marcia indietro a Salvini.  Il Cavaliere  è veramente un caso disperato di cretinismo politico. 
Per fortuna però,   c’è l’Europa, la nostra amica geniale.  Liberale  riformista.  

Carlo Gambescia