Riletture/ Il libro
sempre attuale di Chantal Delsol
Il totalitarismo del "tutto è possibile"
di Teodoro Klitsche de la Grange
http://www.liberilibri.it/chantal-delsol/155-elogio-della-singolarita.html
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Il lungo studio di Chantal Delsol, Elogio della singolarità. Saggio sulla modernità tardiva, (Liberilibri), a distanza di qualche anno dalla pubblicazione in Italia, uscì nel 2010, ottiene ulteriori conferme
delle analisi svolte.
Il punto da cui parte l’autore è che “Il
totalitarismo, di qualunque obbedienza sia, fa la sua comparsa quando
cominciamo a credere che “tutto è possibile”” tuttavia “Rifiutare il “tutto è
possibile”, farne la pietra angolare degli errori del secolo significava, è
stato detto, equiparare il terrore
all’utopia; significava collocare le perversità dell’annientamento
dell’uomo sulla stessa scia degli ideali di una nuova strutturazione della
natura umana. Numerosi decenni di perseverante riflessione, tuttavia, hanno
finalmente reso possibile dichiarare apertamente che il concetto del “tutto è
possibile” rappresenta la nascita del XX secolo”. Al di là di come “tutto è
possibile” è stato inteso nei grandi totalitarismi del XX secolo, questo topas della modernità (o della di essa parte
più caratterizzante) è stato declinato in due sensi. Il primo che non vi sono
regole vincolanti, se non quelle che da la politica. E’ la prevalenza della
volontà politica (quindi umana) su ogni norma, anche di natura/origine
trascendente: la fine del diritto naturale, dei vincoli morali, il trionfo
della sovranità nelle sue forme più radicali (la dittatura sovrana). E’ quello
che sintetizzava Dostojevski con la frase “se non c’è Dio, tutto è permesso” o
già Sofocle nel “discorso della corona” di Creonte nell’Antigone (anche se più
“moderato”). Quanto al secondo che non vi sono regole, neppure le leggi
naturali, di fronte alla capacità prometeica
dell’uomo di poterle cambiare o controllare. Con ciò l’uomo pone se stesso
al centro non solo del mondo istituzionale/normativo, ma dello stesso mondo.
Innovando il concetto di sovranità “classica” espresso da Spinoza, Thomasius,
Kant (tra gli altri), per cui l’uomo (il sovrano) poteva mutare tutte le
regole, ma non le leggi naturali. Invece la modernità, proprio nel marxismo
(realizzato) ha espresso una visione del mondo fondata sulla convinzione che è
possibile cambiare la natura umana, cambiando i rapporti di produzione.
Sarebbe questa la soluzione “dell’enigma
irrisolto della storia”, la quale porterebbe all’edificazione della società
comunista (senza classi) connotata dall’assenza di tutti i presupposti del
politico (Freund). Una società senza comando/obbedienza, nemico/amico,
privato/pubblico. E di cui non si è vista l’ombra: il comunismo è morto nella
transizione tra il vecchio ordine distrutto e quello vagheggiato, impantanato
nelle “regolarità” del politico, che credeva superabili (e modificabili).
Tuttavia il “tutto è possibile” continua a
connotare il post-comunismo, Certo manca la violenza, connaturale ai
totalitarismi “Nel “tutto è possibile” del totalitarismo, che era costretto a
fare ricorso alla violenza, noi crediamo
che sia soltanto il ricorso alla violenza a essere pericoloso. Dovremmo
quindi realizzare questo “tutto è possibile” con altri mezzi. La modernità
tardiva crede ancora che noi possiamo fare quel che vogliamo dell’uomo, ma a
condizione che questo avvenga nella libertà: la stessa ideologia è sempre
all’opera anche se in forma diversa”, la certezza del “tutto è possibile” è così
condivisa dai totalitarismi “e dalle democrazie della modernità tardiva, perché
essa trae la propria origine dalla religione del progresso, che ha generato sia
gli uni che le altre”. Per Fukuyama, la cui brillante interpretazione del
crollo del comunismo implicava anche la negazione delle “regolarità” del
politico, almeno di quella amico/nemico “«la biotecnologia sarà capace di
effettuare ciò che le ideologie del passato hanno maldestramente tentato di
realizzare: dare vita ad un nuovo essere umano». Questa “ri-naturazione”
passerà attraverso la genetica e la farmacopea”. Così l’immensa speranza
nutrita dalla modernità di determinare l’avvento di una società perfetta, di un
uomo puro, vuoi attraverso le ideologie totalitarie al potere, vuoi attraverso
il progresso ininterrotto, faceva si che l’incompiutezza dell’uomo venisse
considerata come una tara …. In questo modo la scomparsa delle ideologie ha
lasciato intatte le loro fondamenta, ovvero il primato delle idee sulla realtà
e quella forma mentis particolare che
si ostina a screditare l’essere a vantaggio di un “bene” disincarnato”. La
volontà di potenza, trasferita dalla politica alla biologia, o meglio a una
politica “biologica”, non elimina il nichilismo, e soprattutto somiglia assai
al “Mondo nuovo” di Huxley.
Scriveva circa un secolo fa Hauriou che le fasi
di decadenza delle società umane sono caratterizzate dal prevalere del denaro e
dello spirito critico: oggi si direbbe dell’economia e del relativismo. Anche
la tarda modernità è dominata dal primato dell’economia. Ma tale primato “del
denaro inteso come valore rappresenta la conseguenza logica, ancorchè
pregiudizievole, della derisione dei valori spirituali”, scrive la Delsol.
E’ perché quelli sono decaduti che il denaro appare
decisivo, anche se tale decisività è più apparente che reale, e se ne vedono
già limiti ed usura. Quanto al relativismo non sfugge alla regolarità del
politico “il relativismo della modernità tardiva non lascia presagire un futuro
caratterizzato dalla tolleranza, ma piuttosto la sostituzione della motivazione
del conflitto. Con la scomparsa delle certezze, le lotte e le oppressioni non
si verificheranno più nel nome di verità di rappresentazione, ma nel nome di
verità di essere”.
Il relativismo, ha contribuito al depotenziamento
di dottrine, ideologie, religioni e messaggi universali “Ha eliminato un certo
tipo di guerre combattute sotto lo stendardo di messaggi universali, ma così
facendo ha contemporaneamente permesso che sul campo lasciato libero si
sviluppassero conflitti nazionalistici o etnici. Il fanatismo ha trovato nuove
giustificazioni”. E con ciò è stato piegato anch’esso alle regolarità del politico.
Nel complesso un libro più che interessante;
scritto alla fine del secolo scorso è stato “convalidato” dal tempo trascorso.
Teodoro Klitsche de la Grange
Teodoro Klitsche
de la
Grange è avvocato, giurista, direttore del trimestrale di
cultura politica“Behemoth" (http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo
specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il
Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003),
L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).