mercoledì 13 settembre 2017

 Riflessioni/Per andare oltre la legge Fiano
Perché si rimpiange il fascismo?



Della Legge Fiano, ieri approvata alla camera, ci siamo già occupati(*). Oggi invece vorremo affrontare un altro aspetto delle propaganda  nazista e fascista, che  questa misura vuole severamente punire. L’interrogativo che proponiamo ai lettori è il seguente: perché, ancora oggi, si rimpiangono Hitler e Mussolini?
Le risposte potrebbero essere le più differenti. Per alcuni, semplicemente,  perché avevano ragione, punto e basta, su tutto: dall’antisemitismo all’anticapitalismo, dall’antiliberalismo al nazionalismo esasperato.  Per altri, perché Italia e Germania, sotto il Duce e il Fuhrer erano paesi ordinati  e potenti. Per altri ancora,  perché fascismo e nazismo  rappresentavano una visione della vita eroica, ma in fondo più semplice.   Per altri ancora, perché la Germania nazista e l’Italia fascista lottavano contro la decadenza morale e dei costumi dell’intero Occidente.
In buona sostanza, coloro che rimpiangono fascismo e nazismo, rimuovono l’ultima parte dell’evoluzione politica dei due regimi, parliamo della guerra disastrosa,  che ovviamente addebitano ai perfidi nemici.  E ne valorizzano le conquiste sociali, per molti storici presunte,  glissando sull’assoluta mancanza di libertà.
In sintesi però,  chi rimpiange il fascismo mostra  di  privilegiare la sicurezza alla libertà. Che me ne faccio del diritto di voto, se non ho nulla sulla  tavola?  Che me ne faccio della libertà di pensiero, se  un rapinatore mi aspetta nascosto dietro’angolo della strada?  Sono queste le tipiche risposte, a livello di nazi-fascismo comune,  non di tipo “intellettuale”,  dei nostalgici di Hitler e Mussolini.  
Cosa dire?  Che l’appello alla sicurezza, in una società che ha fatto del welfare il suo  feticcio "può  funzionare":  ha il suo fascino, soprattutto in tempi di crisi. Naturalmente, la nostra situazione economica e sociale, anche in termini evolutivi, non è quella degli anni  Trenta del Novecento,  né la società di oggi è “militarizzata”, come  allora, però quanto più si diffonde il mito dell’insicurezza tanto più il richiamo di forze eversive che  promettono ordine e protezione, può accrescere la sua attrazione.
Probabilmente, l’errore delle democrazie liberali consiste nell’aver puntato tutto sulla welfarizzazione e poco sulla mercatizzazione della società, privilegiando la cultura della sicurezza a quella del rischio. Per così dire,  si è fatto troppo socialismo preventivo.  Infatti, contrariamente a quel che si sostiene, le nostre, a partire dall’Italia, non sono società di mercato, ma società miste, dove spesso la componente di welfare è molto superiore a quella di mercato.  Di qui, la diffusione, a danno di una cultura del rischio, della cultura della sicurezza, condivisa  - quando si dice il caso -  da tutti i nemici della società aperta (da destra a sinistra): una sicurezza sociale, ad alta intensità,  difficile però da sostenere fiscalmente ed economicamente.  Il che però  spiega  il  gioco al ribasso -   a parole -   di quelle   forze eversive che  promettono tutto a tutti. E che per giunta pretendono di perseguire l'obiettivo, tirando il collo alla gallina dalle uova d'oro: il capitalismo. Una follia. 
Naturalmente, la cultura del rischio ha le sue controindicazioni. Tuttavia,  resta  parte integrante di una società libera. Non se ne può fare a meno.  E  pur con i suoi costi sociali, alti all'inizio,  ha accresciuto, come provano le cifre  sull’evoluzione dell’Occidente, la libertà e il benessere di tutti.  Per contro, la cultura della sicurezza, che, storicamente parlando,  discende da quella del rischio - perché giunta dopo la rivoluzione economica moderna, per redistribuirne i frutti -  ha un suo lato decisamente oscuro, del quale,  si potrebbe tranquillamente fare a meno:  fascismo e nazismo vanno oltre le semplici controindicazioni,  proprio perché attentano alle libertà di tutti. Eppure non vi si riesce... Dov' è l'ostacolo?
Si potrebbe  pensare che l’uomo preferisca la sicurezza alla libertà,   per la serie - diciamo così -   natura contro cultura.  Insomma,  che  il protezionismo "securitario" (semplificando),  sia frutto di una precisa antropologia:  un fatto naturale. E che quindi la società aperta e la cultura del rischio siano solo una parentesi storica, culturale...  Non ha vissuto forse l’uomo per millenni in società chiuse, fin troppo prudenti, al contrario delle  società aperte,  moderne,  amanti  del rischio?
Qui si apre un' ultima questione, inquietante per chiunque ami la libertà, la tolleranza e la forza della ragione: se fascismo e nazismo, sono natura, basterà la cultura, quindi leggi come quella proposta dall’Onorevole Fiano,   per batterli?  Definitivamente? 
Carlo Gambescia