Facoltà di Medicina, oggi i test di ammissione
Numero chiuso?
Una fabbrica al servizio dei parassiti
Oggi
quasi settantamila studenti provano a diventare medici. Tentano, insomma. Auguri ragazzi. Purtroppo, solo uno su sette
riuscirà a iscriversi (1). Di quei diecimila "vincitori", asseriscono le statistiche (che includono però anche
Farmacia), solo cinquecento non riusciranno a
prendere la laurea in medicina .
Ciò significa che il numero chiuso funziona? No. perché nelle altre Facoltà, sempre con le stesse regole di ingresso, il
tasso di abbandono è intorno al quaranta per cento. Sicché,
l’Italia è al penultimo posto come numero di laureati: tra Turchia e
Romania. La media Ue (a 15 e 27 paesi) è
intorno al 37 per cento: noi siamo al 24,2 (2).
E
allora Medicina? Diciamo che la motivazione, come comprovano le inchieste, di
coloro che scelgono questa facoltà è fortissima. Lo status
del medico, nel senso della considerazione sociale, quindi un dato che va oltre la remunerazione economica, è tuttora elevato. A differenza di altre categoria, come ad
esempio gli insegnanti, precipitate nel “gradimento”
sociale. Inoltre, per Medicina va considerata la severità degli
studi, severità che condivide con altre Facoltà Scientifiche,
da Ingegneria e Fisica e Matematica (dove il tasso di abbandono è altrettanto
basso).
Dove
vogliamo andare a parare? Che, se i fattori in gioco
sono la motivazione e la severità degli studi, il numero chiuso nulla toglie o aggiunge. Quindi è perfettamente inutile. Probabilmente, se si "lasciasse fare" al “mercato delle iscrizioni universitarie, nella rete delle
professioni mediche resterebbe qualche
giovane “pesciolino” in più, intelligente e preparato, ora escluso dai
proibitivi costi di ingresso.
Il
numero chiuso, a differenza di quanto si dice, non è uno strumento
meritocratico, ma soltanto una scelta
funzionale al sistema
pubblico di istruzione, che, riducendo il numero degli studenti, taglia i costi, cosa che di solito si tace. Salvo promettere, dove l'istruzione è pubblica, investimenti statali che mai verranno, a causa della cronica crisi fiscale dello stato welfarista, altra questione di cui non si parla.
Sulla
meritocrazia reale delle barriere di ingresso la dice lunga lista dei casi di corruzione,
venuti alla luce - quindi, staticamente, il sommerso sarà quattro cinque volte
di più - in occasione delle prove di ingresso.
E non solo a Medicina.
La meritocrazia, imposta dall'alto, è un mito socialista. E anche di quei liberali che in un libro abbiamo definito "macroarchici". Tradotto: liberalsocialisti. Invece, bisogna lasciar fare al "setaccio" sociale, senza alcuna interferenza di tipo politico. Perché, è statistico, alla fine, a parte i casi delle persone estremamente fortunate e sfortunate, nella media, ognuno di noi riceve esattamente quel che merita. E la società , in particolare quella aperta, si avvantaggia socialmente ed economicamente proprio di questa distribuzione media. Come, tra l'altro, riteneva già Aristotele, il cui forte non era la statistica. In fondo si tratta solo di buon senso. Magari sociologico.
Non ne facciamo perciò una questione di diritto allo studio, argomento "socialista", “sindacale”, "umanitario", di cui spesso abusa chi vuole influire, provocando disastri sociali, sulla distribuzione media. Il punto vero, è di tipo economico: quanto più un mercato è aperto, tanto più i costi si abbassano, tanto più i consumatori ne beneficiano. Detto altrimenti, più studenti, più medici, più concorrenza, più costi bassi dei "servizi" per tutti.
Non ne facciamo perciò una questione di diritto allo studio, argomento "socialista", “sindacale”, "umanitario", di cui spesso abusa chi vuole influire, provocando disastri sociali, sulla distribuzione media. Il punto vero, è di tipo economico: quanto più un mercato è aperto, tanto più i costi si abbassano, tanto più i consumatori ne beneficiano. Detto altrimenti, più studenti, più medici, più concorrenza, più costi bassi dei "servizi" per tutti.
Naturalmente,
all’eliminazione del test di ingresso,
si oppongono i burocrati pubblici e i medici. I primi, come detto, per ragioni di costi, i secondi, per ragioni corporative: più una minoranza è tale, più
resta facile, controllare, in chiave economica e sociale, la maggioranza
disorganizzata, per così dire, dei pazienti, soprattutto potenziali.
Concludendo, il
numero chiuso, soprattutto in un sistema sanitario a monopolio pubblico, come
quello italiano, oltre ad essere di intralcio al mercato si afferma come una forma di protezionismo sociale. Detto
altrimenti: una fabbrica al servizio dei parassiti.
Carlo Gambescia