mercoledì 9 marzo 2016

Il film di  Elio Petri, ieri  sera su Iris
Indagine su un regista 
che favorì la cultura del sospetto... 



Ieri ho rivisto in tv, dopo anni,  Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto(1970). Diciamo subito che il film di Elio Petri è  il classico film-denuncia dell’intellettuale di sinistra contro  le istituzioni, corrotte e repressive, a partire, ovviamente dal nemico numero dei comunisti quando sono all'opposizione:  la polizia.   
I toni del film, l’interpretazione di Volonté (ma anche degli altri attori), la sceneggiatura, sono sopra le righe, istrionici, barocchi, grotteschi, la colonna sonora di Ennio Morricone,  angosciosa e incombente.  In realtà,  il succo del film è semplice: l’istituzione difende sempre i suoi uomini anche quando colpevoli. Sociologicamente  si chiama "spirito di corpo" e si consolida grazie alla routine; un comportamento difensivo insito in  tutte le istituzioni politiche e sociali: dal parlamento liberaldemocratico, all’ ex partito comunista sovietico fino al sindacato portinai e all'associazione delle figlie di Maria.  
Che dire?  La scoperta dell’acqua calda.  Detto altrimenti: la  funzione che prevale sull’organo. Cosa fare?  Più l’istituzione sociale (organo)  ha dimensioni ridotte,  più la natura  ( funzione) dei comportamenti (difensivi)  può essere tenuta sotto controllo. Ciò significa che  la polizia può essere ben gestita solo in uno stato liberale, con istituzioni ridotte al minimo,  e  non  in una società comunista, dove lo stato è il padrone assoluto. E Petri, se in buona fede, avrebbe dovuto saperlo... 
Insomma, quasi due ore (pardon) di palle di merda contro una lapalissiana regolarità sociologica,  in realtà  però dirette contro  la  polizia.  Le stesse forze dell'ordine che negli anni successivi si sarebbero trovate  a lottare contro il terrorismo, in particolare quello rosso.  Terrorismo,  allora, ancora in fasce,  ma che tra uno scontro di piazza e l’altro,  non avrebbe potuto  non apprezzare e  condividere ideologicamente un film che,  grazie alla solita vigliaccheria   morale degli intellettuali di sinistra,  favoriva quantomeno una radicale cultura del sospetto: si gettava fango su fenomeni rappresentati falsamente come estremi e irreversibili (la inesorabile deriva autoritaria della polizia), preparando così il terreno a reazioni estreme, tipo uccidere i poliziotti (e seminare il caos). Come regolarmente avvenne. Purtroppo.      
Si tratta, come ricordato,  del cosiddetto  cinema  di denuncia  che  pensando di fiancheggiare sugli schermi  l’ascesa del partito comunista (che una volta al potere avrebbe  magicamente  inaugurato la nuova età dell'oro), favorì invece -  non mi stancherò mai di ripeterlo -  quella pesante atmosfera di ribellione verso le istituzioni che fu la serra calda  nella quale proliferò la pianta velenosa dell'odio e del  terrorismo.
Sono verità  che vanno dette. E che, purtroppo, non hanno ancora trovato un solo storico del cinema e della cultura così coraggioso da inchiodare registi, come Petri, Rosi, Lizzani, Scola,  alle loro responsabilità storiche e civili.  
Carlo Gambescia    

    

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