mercoledì 30 marzo 2016

Caso Regeni, Manconi e i “nazifascisti” egiziani
Come non  si difende il regno dei fini



La sinistra  si è buttata a pesce sulla tragica vicenda di Giulio Regeni.  Vuole, declamandolo ai quattro venti,  "la verità".  Sarebbe interessante chiedere a Luigi Manconi,  sempre  in prima fila quando si tratta di difendere i diritti violati, dove fosse quando i diritti venivano calpestati in Unione Sovietica e Cambogia.  A scrivere articoli per "Lotta Continua".  Questo però  è gossip politico. Robaccia  da “Libero” e “Giornale”.  Il discorsetto andrebbe esteso anche ad Amnesty, da sempre spostata a sinistra ( i suoi  primi  rapporti sull'Unione Sovietica, risalgono agli anni Ottanta del secolo scorso...).  Ma, per ora, lasciamo stare.  
Ieri parlavano della necessaria difesa del kantiano  regno dei fini, quale patrimonio etico-politico dell’Occidente euro-americano (*). Qualche lettore potrebbe però chiedersi: che cosa c’è di più elevato  della battaglia per difendere i diritti di libertà calpestati di Giulio Regeni? E infatti, nessuno vieta a  Manconi di dire la sua, come Senatore della Repubblica e di attivarsi, come ieri è avvenuto, quale  Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani.   
Il punto è un altro. E riguarda gli errori della politica.  Il Governo Renzi avrebbe dovuto prevenire il polverone mediatico-giudiziario, intorno alla morte di Regeni,  imponendo all’Egitto, per vie informali (imparando da Cia e Mossad), di  fornire una versione dei fatti  se non autentica almeno più attendibile di quelle finora offerte. E soprattutto nomi e cognomi dei colpevoli. O comunque di realistici capri espiatori. Qualcuno, amante dell’etica dei principi,  dirà, ma allora la verità assoluta? Non è di questo mondo. Lo sanno tutti, anche quelli come Manconi che ci marciano. 
Adesso invece il caso è esploso, assumendo rilievo politico. Il rischio è  di  screditare un alleato prezioso nella  battaglia in  prima linea - che noi ci guardiamo bene dall’intraprendere -  contro il Califfato.  Già si parla  di metodi di tortura  nazifascisti... La frase  sembra essere della madre di Giulio Regeni,  per carità,  distrutta dal dolore per la gravissima perdita.  Ma serve ottimamente, se ripresa e rilanciata (come sarà),  per confondere,  le acque politiche e - siamo in guerra - favorire la quinta colonna:  “Non sia mai, noi alleati dei nazifascisti egiziani…”. 
Dicevamo del regno dei fini… La  libertà di  critica  di  Manconi  - libertà della quale egli avrebbe privato gli italiani se quarant’anni fa  avesse preso il potere insieme ai suoi sodali politici -   è parte integrante del regno dei fini.   Però ricordare i natali politici del Senatore,  ripetiamo,  è robaccia da “Libero” e “Giornale”, di cattivo gusto,  saldi di magazzino.  
Insomma,  il regno dei fini è  un  lusso etico, che solo in Occidente, e giustamente, possiamo permetterci. Qualcosa di cui,  come scrivevo ieri,  dobbiamo andar  fieri. Tuttavia, se dovesse  vincere il Califfato, il regno dei fini farebbe  la fine dei libri bruciati dai nazisti, quelli veri.  
Pertanto la scelta, da subito,  doveva essere tra "la verità"  sul caso Regeni e l’indebolimento  di un importante alleato politico.  Si chiama etica della responsabilità. E su di essa l’Occidente  ha potuto edificare il suo splendido  regno dei fini.  


Carlo Gambescia     

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