Gianfranco Fini?
Un perfetto analfabeta politico
Gianfranco Fini, annunciando l’Assemblea dei Mille, dove
verrà decisa la linea politica di Futuro e Libertà, ha rivendicato « il merito
di aver fatto cadere Berlusconi». Ora, il “tradimento” in politica -
perché di questo si è trattato per l’ex delfino di Almirante - ha una sua
giustificazione in termini di scienza politica quando è legato alla lotta per
conquistare più potere: lotta che ovviamente viene nobilitata dal “traditore” di
turno ricorrendo a motivazioni di tipo idealistico (bene comune, salvezza della
nazione, e così via).
In realtà, dal punto divista della scienza politica,
il plusvalore politico di un “tradimento” è
commisurato alla quantità di potere differenziale (in termini di
aumentata capacità di influire sul sistema delle scelte politiche), che
una determinata forza politica riesce a conseguire con qualsiasi mezzo,
incluso, per l'appunto, il "tradimento"
dell'alleato (mezzi, ovviamente rapportati, di volta in volta, al tipo
regime in cui essa opera). Sotto questo profilo, finora la politica del
partito guidato da Fini, dopo la momentanea euforia del dicembre
2011, si è tradotta in un insuccesso: Fli è isolato politicamente,
diviso al suo interno tra una destra e una sinistra e privo di qualsiasi potere
di influenza sulle decisioni politiche.
Quale era l’ alternativa? Probabilmente, quella di restare
all’interno del Pdl, puntando sulla graduale conquista dall’interno del partito
fondato da Berlusconi: sarebbe bastato esercitare, con intelligenza,
quella pazienza che distingue i veri leader.
Questo nostro approccio può risultare “antipatico”, perché
ignora le questioni ideali, dettate dall'etica dei princìpi. Ma su
questo aspetto siamo d’accordo con Giuseppe Prezzolini, il quale sosteneva che
« esiste l’uomo di Stato cristiano, nella sua coscienza, ma non esiste uno
Stato cristiano» (Cristo e/o Machiavelli, Longanesi 1971, p. 43, corsivo nel
testo). Ossia, sul piano individuale, si può sposare la più diversa religione
(l’uomo di stato cristiano) - e aggiungiamo, “morale” - dopo di che però
bisogna fare i conti con l'etica dei mezzi, fondata sul rispetto delle
regolarità della politica, tra le quali c’è la
ricorrente volontà egemonica, tipica degli
uomini, di impadronirsi del potere, usando,
di volta in volta, le tecniche della "volpe" o del
"leone": rispettivamente l'inganno o la forza.
Regolarità, insomma, che impongono scelte opposte a quelle religiose e
morali (non esiste perciò uno Stato cristiano, o per capirsi morale).
Ovviamente, sono esistiti leader politici che hanno cercato di fondare stati
cristiani o morali, ma con pessimi risultati, come mostrano le guerre europee
di religione e i totalitarismi confessionali (in senso morale-ideologico)
novecenteschi.
Il vero leader politico, soppesando le varie alternative,
deve invece puntare sul giusto equilibrio tra lotta per il potere e
valutazione degli effetti sociologici di ricaduta delle lotte politiche sulla
stabilità del sistema economico e sociale. Insomma, oltre un certo limite
è meglio non spingersi, pena la dissoluzione del sistema. Si tratta
di un equilibrio non facile, sempre storico, perché legato
alle doti o qualità degli uomini al comando, alla
quantità di risorse economiche impiegabili, alla natura degli eventi e al ruolo
del caso e della fortuna.
Perciò, per concludere su Fini, ci troviamo davanti a
un perfetto analfabeta politico: un caso da manuale. Per ora, l’ex
delfino di Almirante, nonostante la lunga militanza, ha mostrato di non
capire nulla delle regolarità della politica, oltre a brillare,
naturalmente, per la sua doppiezza morale. Ma il rispetto delle
norme morali, come detto, in politica conta fino a un certo
punto. Pertanto, mettendola brutalmente, se l’imperativo è
"vendersi" per conquistare più potere, diciamo che Fini si
è "venduto" per il famigerato piatto di
lenticchie.
Carlo Gambescia
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