I risultati elettorali in Grecia e Francia
Cara vecchia democrazia rappresentativa...
In Grecia hanno vinto i conservatori pro-Euro, in Francia
nuovamente i socialisti, anch’essi favorevoli alla moneta unica, Ma riusciranno
a governare? La maggioranza socialista di Hollande sembra solida, tuttavia già
si accenna a possibili fratture interne in grado di indebolire il
governo. Per contro, in Grecia, dove i conservatori hanno vinto per un
pelo, i socialisti hanno già hanno alzato il prezzo per partecipare alla pur
necessaria coalizione governativa. Inoltre, in
Francia come in Grecia sono entrati in parlamento i
neo-fascisti di Marie Le Pen e i neo-nazisti di Alba Dorata. Per non parlare
del successo della sinistra radicale greca, connotata da una pericolosa anima
populista, del resto assai simile a quella della sinistra ecologista e radicale
francese.
Certo, questi risultati possono piacere o
meno. Tuttavia - ecco il punto importante - grazie al nostro
sistema di democrazia rappresentativa sono una fotografia della realtà:
“rappresentano” simbolicamente un’ Europa incerta e divisa tra il passato (lo
stato nazione) e il futuro (l’unità politica europea). Fotografia di
cui dobbiamo prendere atto. E' vero, con le divisioni è difficile
governare, però la forza e la debolezza della democrazia
rappresentativa ( a prescindere dal sistema elettorale scelto), sono proprio
qui: nella capacità, storicamente unica, di “rappresentare” tutte le forze
politiche, addirittura anche quelle nemiche della
democrazia. Pertanto ci troviamo davanti a un' eccellente forma di
democrazia liberale: liberale perché tutela le minoranze, tutte le minoranze,
anche, come si usa dire, con il solo “diritto di tribuna”:
diritto, detto per inciso, sul quale nell'Europa
libera si fa della facile ironia, trascurando il fatto
che esistono nel mondo stati dove il dissenso si punisce
con la prigione o con la fucilazione.
Una capacità di "rappresentare" che tuttavia rende
difficile il compito dell’ esecutivo, anche dove
viene rafforzato introducendo procedure costituzionali ed
elettorali capaci di favorire la governabilità. Semplificando,
diciamo che il principale problema della democrazia rappresentativa
è costituito dal laborioso -
per alcuni fin troppo - perseguimento della sintesi politica: quella sintesi
che deve prima precedere e poi
accompagnare la decisione politica:
decisione inderogabile, pena la progressiva dissoluzione del sistema
politico, anzi di qualsiasi sistema politico. Insomma, si
tratta - impresa non sempre facile - di fare in modo che
nella democrazia rappresentativa la logica della politica non si
trasformi mai in politica della logica. O, detto altrimenti
che al dibattito con sintesi non si
sostituisca regolarmente il dibattito ad infinitum.
Ovviamente, esiste anche un altro problema - oggi molto
sentito, forse troppo... - quello della qualità morale e
professionale dei “rappresentanti”, o se si preferisce della classe
politica. Una questione che rinvia ai meccanismi di rappresentanza e
in particolare ai partiti che ne sono il veicolo. Tuttavia, pur con tutte
le criticate carenze, i partiti restano uno strumento insostituibile. Del
resto, la composizione - per valori, ideali, norme -
dei partiti riflette quella del corpo sociale. E non sempre è detto che
una società, in termini di valori, ideali, norme, sia migliore dei partiti
politici che esprime. Insomma, che il
"rappresentato" sia migliore del
"rappresentante". Problema, in verità,
irrisolvibile, anche con il tanto invocato
ricorso alla democrazia diretta (ammesso e non concesso che
funzioni...).
Concludendo, il sistema della democrazia
rappresentativa resta pur con tutti i difetti, l’unica forma di democrazia
empiricamente realizzabile. Credere nella democrazia “diretta” o in una
democrazia “organica”, dove, come si legge, i partiti non sarebbero necessari,
significa spalancare le porte alla tirannia demagogica , e non importa se della
maggioranza o di un autocrate.
Carlo Gambescia
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