lunedì 18 giugno 2012

I risultati elettorali in Grecia e Francia 

Cara vecchia democrazia rappresentativa... 



In Grecia hanno vinto i conservatori pro-Euro, in Francia nuovamente i socialisti, anch’essi favorevoli alla moneta unica, Ma riusciranno a governare? La maggioranza socialista di Hollande sembra solida, tuttavia già si accenna a possibili  fratture interne in grado di  indebolire il governo. Per contro,  in Grecia, dove i conservatori hanno vinto per un pelo, i socialisti hanno già hanno alzato il prezzo per partecipare alla pur   necessaria coalizione governativa.   Inoltre,   in Francia  come in  Grecia  sono entrati in parlamento i neo-fascisti di Marie Le Pen e i neo-nazisti di Alba Dorata. Per non parlare del successo della sinistra radicale greca, connotata da una pericolosa anima populista, del resto assai simile a quella della sinistra ecologista e radicale francese.
Certo, questi risultati  possono piacere o meno.  Tuttavia - ecco il punto importante -   grazie al nostro sistema di democrazia rappresentativa  sono una fotografia della realtà: “rappresentano” simbolicamente un’ Europa incerta e divisa tra il passato (lo stato nazione) e il futuro (l’unità politica europea). Fotografia  di cui dobbiamo prendere atto.  E' vero,  con le divisioni è difficile governare,   però  la forza e la debolezza della democrazia rappresentativa ( a prescindere dal sistema elettorale scelto), sono proprio qui: nella capacità, storicamente unica, di “rappresentare” tutte le forze politiche, addirittura anche quelle nemiche della democrazia.  Pertanto ci troviamo davanti a un' eccellente forma di democrazia liberale: liberale perché tutela le minoranze, tutte le minoranze, anche, come si usa  dire,  con il solo  “diritto di tribuna”: diritto, detto per inciso,   sul quale  nell'Europa libera  si fa della facile ironia,  trascurando il fatto  che  esistono nel mondo stati  dove  il dissenso si punisce con la prigione o con la  fucilazione.
Una capacità di "rappresentare" che  tuttavia  rende difficile  il compito dell’ esecutivo, anche dove  viene rafforzato introducendo  procedure costituzionali ed elettorali  capaci di favorire la governabilità.  Semplificando, diciamo che il principale  problema della democrazia rappresentativa è costituito  dal      laborioso - per alcuni fin troppo -  perseguimento della sintesi politica: quella sintesi  che deve  prima  precedere e poi accompagnare la   decisione politica:   decisione  inderogabile, pena la progressiva dissoluzione del sistema politico, anzi di qualsiasi sistema politico.  Insomma,  si tratta - impresa non sempre facile -   di   fare in modo che nella democrazia rappresentativa   la logica della politica non si trasformi mai  in politica della logica. O, detto altrimenti  che al dibattito con sintesi non si sostituisca  regolarmente il dibattito ad infinitum.

Ovviamente, esiste anche un altro problema - oggi molto sentito, forse troppo... - quello della qualità  morale e professionale dei “rappresentanti”, o se si preferisce della classe politica.  Una questione che rinvia ai meccanismi di rappresentanza e in particolare ai partiti che ne sono il veicolo.  Tuttavia, pur con tutte le criticate carenze, i partiti restano uno strumento insostituibile. Del resto,  la composizione -  per valori, ideali,  norme -  dei partiti riflette quella del corpo sociale. E non sempre è detto che una società, in termini di valori, ideali, norme, sia migliore dei partiti politici che esprime. Insomma, che il  "rappresentato" sia migliore del  "rappresentante".  Problema, in verità,  irrisolvibile, anche con    il  tanto  invocato  ricorso  alla democrazia diretta (ammesso e non concesso che funzioni...).  

Concludendo,  il sistema della democrazia rappresentativa resta pur con tutti i difetti, l’unica forma di democrazia empiricamente realizzabile. Credere nella democrazia “diretta” o in una democrazia “organica”, dove, come si legge, i partiti non sarebbero necessari, significa spalancare le porte alla tirannia demagogica , e non importa se della maggioranza o di un autocrate.

Carlo Gambescia 

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