Simpatie...
Perché ci piace Marchionne
Nel
marasma politico ed economico italiano, dove politici, imprenditori e
sindacalisti dicono una cosa e ne fanno un' altra, l’unico che sembra puntare
sulla trasformazione delle parole in fatti è Marchionne.
Attenzione, non ci piace per quello che dice, ma per come lo dice… Si prenda
l’intervista a Fazio - altro bel campione dell’ipocrisia italiana,
languidamente sbilanciata a sinistra e con a casetta (sulla Senna, of course) il filippino in livrea...
Bene, Marchionne ha espresso chiaramente il suo pensiero, senza remore
buoniste, su una certa idea, chiara e precisa, dell’Italia. E soprattutto
sull’innegabile ruolo storico della Fiat, nonché sulla necessaria ma non
obbligatoria collaborazione della grande azienda automobilistica con lo Stato.
Prendere o lasciare (*).
Marchionne ricorda nello stile quei borghesi
più "leoni" che "volpi", che tanto piacevano a Pareto.
Consapevoli di giocare un ruolo di classe e in grado di battersi fino alla
morte, senza esclusioni di colpi. E soprattutto in modo coerente rispetto all'
ideologia borghese.
Qui perciò servono risposte altrettanto precise e chiare da parte di Stato e
sindacato. E non parole vaghe (Sacconi, Uil e Cisl) sui soli benefici della
“cassa integrazione” o su pur importanti diritti ma con pochi doveri ( Cgil e
in particolare Fiom), magari giocando - solo giocando... - alle obsolete e
narcisiste liturgie di massa o all' occupazione delle fabbriche in stile 1920,
per scambiare il tutto, alla fine, con il solito osso con pochissima polpa.
Detto fuori dai denti:
occorrono una politica industriale degna di questo nome e un sindacato,
realmente riformista, capace di imporre impegni precisi, diremmo ferrei, sullo
scambio tra aumenti di produttività e crescita dei salari .Il resto è fuffa.
E Marchionne l’ha capito.
Carlo Gambescia
(*) Si veda qui: http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/10/24/visualizza_new.html_1728896267.html ).
Nessun commento:
Posta un commento